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La guerra è stupida
Bestar di martedì 17 novembre 2020


Pubblicato per la prima volta nel 2005, viene ripreso in occasione delle celebrazioni del ventennale della morte di Carlo Bo, l'illustre letterato di cui l'autrice fu moglie.
Non è un libro sulla guerra, ma un libro contro la guerra. Per Marise Ferro la guerra è la massima offesa alla dignità umana, l'avvilimento totale di ogni forma di civiltà. Un giudizio che in certo modo richiama alla mente il suicidio per lucida disperazione di Virginia Woolf, nel marzo del 1941, di fronte agli scempi della guerra. Il libro, di impianto dichiaratamente autobiografico, è strutturato in undici capitoli, di cui alcuni sono veri e propri racconti che affiorano dalle memorie di famiglia: è come se l'autrice sfogliasse un album di vecchie fotografie. Rappresentano, al pari delle ampie "finestre" sul paesaggio, una sorta di esorcismo contro il viver giorno per giorno - senza passato né futuro - che la guerra impone alle sue vittime, l'orribile assuefazione al nulla, alla morte. In queste pagine la guerra è come il fitto ordito nel quale si dipana una esistenza che tenacemente vuole continuare a vivere, a testimoniare una sua fede nella ragione e nella felicità.
Marise Ferro, scrittrice, traduttrice, collaboratrice di quotidiani e riviste ("La Stampa", "Stampa Sera", "Le Grandi firme", "Pan", "La fiera letteraria"). Ha vissuto a Bologna, Roma, Londra, Milano. Sposata con Guido Piovene e successivamente con Carlo Bo. Il tema centrale della sua opera di narratrice è la condizione femminile in un mondo dominato dalla violenza. I suoi libri, da Disordine (Milano, Mondadori, 1932) a Memoria d'Irene (Milano, Ultra, 1944), fino a La violenza (Milano, Mondadori, 1967) e all'ultimo, La sconosciuta (Milano, Rizzoli, 1978), pur senza un legame apparente tendono a costituire, per la presenza insistente di un medesimo personaggio femminile, una sorta di ciclo.


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Bestar - martedì 17 novembre 2020


Pubblicato per la prima volta nel 2005, viene ripreso in occasione delle celebrazioni del ventennale della morte di Carlo Bo, l'illustre letterato di cui l'autrice fu moglie.
Non è un libro sulla guerra, ma un libro contro la guerra. Per Marise Ferro la guerra è la massima offesa alla dignità umana, l'avvilimento totale di ogni forma di civiltà. Un giudizio che in certo modo richiama alla mente il suicidio per lucida disperazione di Virginia Woolf, nel marzo del 1941, di fronte agli scempi della guerra. Il libro, di impianto dichiaratamente autobiografico, è strutturato in undici capitoli, di cui alcuni sono veri e propri racconti che affiorano dalle memorie di famiglia: è come se l'autrice sfogliasse un album di vecchie fotografie. Rappresentano, al pari delle ampie "finestre" sul paesaggio, una sorta di esorcismo contro il viver giorno per giorno - senza passato né futuro - che la guerra impone alle sue vittime, l'orribile assuefazione al nulla, alla morte. In queste pagine la guerra è come il fitto ordito nel quale si dipana una esistenza che tenacemente vuole continuare a vivere, a testimoniare una sua fede nella ragione e nella felicità.
Marise Ferro, scrittrice, traduttrice, collaboratrice di quotidiani e riviste ("La Stampa", "Stampa Sera", "Le Grandi firme", "Pan", "La fiera letteraria"). Ha vissuto a Bologna, Roma, Londra, Milano. Sposata con Guido Piovene e successivamente con Carlo Bo. Il tema centrale della sua opera di narratrice è la condizione femminile in un mondo dominato dalla violenza. I suoi libri, da Disordine (Milano, Mondadori, 1932) a Memoria d'Irene (Milano, Ultra, 1944), fino a La violenza (Milano, Mondadori, 1967) e all'ultimo, La sconosciuta (Milano, Rizzoli, 1978), pur senza un legame apparente tendono a costituire, per la presenza insistente di un medesimo personaggio femminile, una sorta di ciclo.


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