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L’ULTIMA DANZA DI UNA REGINA DELLE SCENE
Fenice Bookstore di lunedě 5 luglio 2021
Un barbone che ha scelto la sua casa sulla scalinata abbandonata di una famosa scuola romana, una celebre étoile della danza alla vigilia della sua ultima esibizione, un’insegnante di ballo rimasta claudicante per un incidente che le ha stroncato la carriera, una giovane direttrice della Squadra Omicidi, appena nominata Capo della squadra mobile, in una piazza difficile come quella della Capitale

di Cinzia Esposito
Un barbone che ha scelto la sua casa sulla scalinata abbandonata di una famosa scuola romana, una celebre étoile della danza alla vigilia della sua ultima esibizione, un’insegnante di ballo rimasta claudicante per un incidente che le ha stroncato la carriera, una giovane direttrice della Squadra Omicidi, appena nominata Capo della squadra mobile, in una piazza difficile come quella della Capitale.

Sono i personaggi principali del giallo “Io che ho visto i delfini rosa” , scritto con mano felice da Biagio Proietti, noto regista e sceneggiatore, che intreccia una vicenda ambientata nel mondo del glamour e delle feste scintillanti, ma anche tra le mense e i tavoli della Caritas e sulle spiagge infuocate e luminose del Malindi.

A Claudia Savarese, divina e capricciosa star internazionale del balletto, ormai quarantenne, è dedicata una spettacolare festa di commiato a Villa Volkonsky, sede ufficiale dell’ambasciatore britannico, per celebrare il suo addio alle scene in un ultimo spettacolo al Teatro dell’Opera. Una festa degna della sua fama, dove gli inviti sono selezionati ed esclusivi e le misure di sicurezza severe e rigorose, ma l’ineluttabile e drammatico destino è al di fuori di quelle mura prestigiose. Inspiegabilmente, la Savarese lascia la festa e tutti i suoi invitati per raggiungere, in una decappottabile bianca – guidata da un personaggio sconosciuto – la scalinata di San Pietro in Vincoli, di fronte al Colosseo. Saranno gli occhi di un barbone, annebbiati e ottenebrati dal troppo vino bevuto anche quella sera, a notare quest’ eterea figura, elegante nel suo abito bianco e nella sua sciarpa leggera, correre, quasi fuggendo, inseguita dal suo accompagnatore lungo i gradini, per poi sparire alla sua vista. Quando riuscirà a ritrovarla sarà troppo tardi, la danzatrice è stata uccisa, strangolata con la sua stessa sciarpa. Sarà lui stesso a chiamare da un telefono pubblico la polizia, perché la vittima non sia ulteriormente oltraggiata dal furto dei suoi preziosi gioielli, per poi eclissarsi nella notte romana. Ma chi è veramente questo barbone che tutti chiamano Socrate per il suo parlare erudito e per la figura elegante, che viaggia sempre con guanti e foulard e nasconde un misterioso tesoro?

Da qui partono le indagini condotte con lucidità e sicurezza da Daniela Brondi coadiuvata dal fido collaboratore Aldo Ferri e sotto l’occhio vigile e non troppo disinteressato del Sostituto Procuratore Marcello Gandolfi. Tutti gli altri e numerosi protagonisti del libro – che si snoda in capitoli brevi, incisivi, sempre conclusi con una frase ficcante di compendio – sono ben descritti nelle loro personalità e sfaccettature, nonché nelle diverse e precise ambientazioni urbanistiche in un puzzle serrato e incalzante che si ricompone in un finale soddisfacente, ma che forse il lettore aveva già presagito come il più coerente.

Una figura interessante, quella di Daniela Brondi – peraltro, già protagonista del precedente giallo di Proietti “Il dio del male”, pubblicato dalla Oltre Edizioni – personaggio che potrebbe avere anche una fortuna televisiva. Chissà se lo sceneggiatore Biagio Proietti ci ha già pensato…



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Un barbone che ha scelto la sua casa sulla scalinata abbandonata di una famosa scuola romana, una celebre étoile della danza alla vigilia della sua ultima esibizione, un’insegnante di ballo rimasta claudicante per un incidente che le ha stroncato la carriera, una giovane direttrice della Squadra Omicidi, appena nominata Capo della squadra mobile, in una piazza difficile come quella della Capitale

di Cinzia Esposito
Un barbone che ha scelto la sua casa sulla scalinata abbandonata di una famosa scuola romana, una celebre étoile della danza alla vigilia della sua ultima esibizione, un’insegnante di ballo rimasta claudicante per un incidente che le ha stroncato la carriera, una giovane direttrice della Squadra Omicidi, appena nominata Capo della squadra mobile, in una piazza difficile come quella della Capitale.

Sono i personaggi principali del giallo “Io che ho visto i delfini rosa” , scritto con mano felice da Biagio Proietti, noto regista e sceneggiatore, che intreccia una vicenda ambientata nel mondo del glamour e delle feste scintillanti, ma anche tra le mense e i tavoli della Caritas e sulle spiagge infuocate e luminose del Malindi.

A Claudia Savarese, divina e capricciosa star internazionale del balletto, ormai quarantenne, è dedicata una spettacolare festa di commiato a Villa Volkonsky, sede ufficiale dell’ambasciatore britannico, per celebrare il suo addio alle scene in un ultimo spettacolo al Teatro dell’Opera. Una festa degna della sua fama, dove gli inviti sono selezionati ed esclusivi e le misure di sicurezza severe e rigorose, ma l’ineluttabile e drammatico destino è al di fuori di quelle mura prestigiose. Inspiegabilmente, la Savarese lascia la festa e tutti i suoi invitati per raggiungere, in una decappottabile bianca – guidata da un personaggio sconosciuto – la scalinata di San Pietro in Vincoli, di fronte al Colosseo. Saranno gli occhi di un barbone, annebbiati e ottenebrati dal troppo vino bevuto anche quella sera, a notare quest’ eterea figura, elegante nel suo abito bianco e nella sua sciarpa leggera, correre, quasi fuggendo, inseguita dal suo accompagnatore lungo i gradini, per poi sparire alla sua vista. Quando riuscirà a ritrovarla sarà troppo tardi, la danzatrice è stata uccisa, strangolata con la sua stessa sciarpa. Sarà lui stesso a chiamare da un telefono pubblico la polizia, perché la vittima non sia ulteriormente oltraggiata dal furto dei suoi preziosi gioielli, per poi eclissarsi nella notte romana. Ma chi è veramente questo barbone che tutti chiamano Socrate per il suo parlare erudito e per la figura elegante, che viaggia sempre con guanti e foulard e nasconde un misterioso tesoro?

Da qui partono le indagini condotte con lucidità e sicurezza da Daniela Brondi coadiuvata dal fido collaboratore Aldo Ferri e sotto l’occhio vigile e non troppo disinteressato del Sostituto Procuratore Marcello Gandolfi. Tutti gli altri e numerosi protagonisti del libro – che si snoda in capitoli brevi, incisivi, sempre conclusi con una frase ficcante di compendio – sono ben descritti nelle loro personalità e sfaccettature, nonché nelle diverse e precise ambientazioni urbanistiche in un puzzle serrato e incalzante che si ricompone in un finale soddisfacente, ma che forse il lettore aveva già presagito come il più coerente.

Una figura interessante, quella di Daniela Brondi – peraltro, già protagonista del precedente giallo di Proietti “Il dio del male”, pubblicato dalla Oltre Edizioni – personaggio che potrebbe avere anche una fortuna televisiva. Chissà se lo sceneggiatore Biagio Proietti ci ha già pensato…



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