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Il poeta operaio. Vita avventurosa di Giovanni Descalzo, uno scrittore da riscoprire
Pangea di giovedì 25 maggio 2023
La vita di Giovanni Descalzo sembra inventata dalla fantasia sfrenata di uno scrittore di avventure. Comincia a Sestri Levante, una cittadina a cinquanta chilometri di 20.000 abitanti da Genova: per lo più pescatori, naviganti e operai...

di Francesco De Nicola

La vita di Giovanni Descalzo sembra inventata dalla fantasia sfrenata di uno scrittore di avventure. Comincia a Sestri Levante, una cittadina a cinquanta chilometri di 20.000 abitanti da Genova: per lo più pescatori, naviganti e operai, ma in estate anche villeggianti e stranieri. Qui Giovanni nasce il 1° giugno 1902 e quasi subito la sua vita diventa una tragedia: quando è ancora bambino il padre, che è un muratore, mentre lavora per la costruzione della torre in un palazzo del centro, cade e dopo poco muore, lasciando con la moglie, oltre a Giovanni, le tre figlie Attilia, Erminia e Giulia, una delle quali inferma. Per la famiglia comincia la lotta per la sopravvivenza e anche Giovanni deve fare la sua parte: va ad aiutare i contadini in campagna e i pescatori sulla spiaggia e, un po’ più grande, fa il garzone in una tipografia. E la scuola? Quando trova il tempo la frequenta: finisce le elementari a quindici anni. Ma a scuola scopre qualcosa che lo fa evadere dalla durezza della sua vita giovanile: i libri, la lettura, la poesia; deve però imparare l’italiano e così si procura i due volumi del Melzi che ho trovato nella sua biblioteca tutti annotati e vissuti. In questa scoperta del mondo di carta delle lettere c’è una maestra che lo aiuta, si chiama Gina Vaj Pedotti, che gli fa scoprire le poesie del Pascoli e lo indirizza alle biblioteche circolanti, dove, da bravo autodidatta voglioso di appagare la sua sete di letture, prende e legge tutto quello che gli capita: da Verne alla Divina Commedia, da Leopardi a Carducci, da Pastonchi a Corazzini, ma soprattutto Pascoli. Non mancano i suggerimenti di uno zio sacerdote, al quale si rivolgerà per ottenere l’autorizzazione per leggere un libro, allora all’indice, di Benedetto Croce.

Ma c’è dell’altro: nella tipografia si stampano i bollettini di guerra e Giovanni va in giro a distribuirli con entusiasmo nella sua cittadina e con entusiasmo si unisce al gruppo dei Giovani esploratori sestresi che vanno in Garfagnana a portare aiuto dopo il terremoto del 7 settembre 1920.

Intanto, dopo le letture, comincia a scrivere, ma le tragedie non sono finite: nel 1922 muore anche sua madre e lui diventa il capofamiglia lasciando il lavoro in tipografia, poiché i polmoni non sopportano più le esalazioni di piombo. Forse per uscire da questo incubo, risentendo della poesia Alla madre del Pascoli, scrive Collana bruna, un poemetto in strofe saffiche rimate, in memoria della madre scomparsa; sarà seguito dalle sillogi, rimaste inedite, Tigullio notturno (1925) ed Elegie notturne (1928) dove ancora è chiara l’influenza del Pascoli malinconico, ma ora con una più positiva accettazione della sofferenza e una maggiore apertura elegiaca. Alla fine del 1923 trova un posto precario come fattorino nell’ufficio postale di Sestri Levante e qui, in un giorno d’estate, vengono per una spedizione un signore biondo e alto con una figlia giovane e bella: lui è lo scrittore olandese Arthur Van Schendel, che da qualche anno vive a Firenze (ma dal 1933 al 1945 si stabilirà a Sestri Levante) e lei è la figlia Corinna. Descalzo gli parla dei suoi interessi letterari e lui non solo lo ascolta ma lo incoraggia con consigli preziosi. Ma prima di pensare alla letteratura deve mantenere sé stesso e le sue sorelle e allora comincia fare il mozzo sui pescherecci, i leudi, che portano il vino dalla Liguria all’isola d’Elba e, per arrotondare, lavora come operatore cinematografico nella sala del Nettuno, sulla passeggiata a mare di Sestri Levante, dove viene aperta la prima sala cinematografica. E finalmente, nel giugno del 1925, trova un lavoro stabile nella grande tubifera Fit della sua cittadina, dove viene assunto come garzone elettricista.

*

Le prime pubblicazioni

Ma ormai la letteratura è entrata nella sua vita e così Descalzo comincia a pubblicare qualcosa, grazie anche ai suggerimenti di Piero Operti, un professore di storia e filosofia piemontese ma docente a Sestri Levante, autore di un libro di memorie sulla Grande Guerra (Sacchetti a terra, 1924) e molto presente e stimato nel mondo intellettuale italiano. E così su alcuni periodici letterari escono racconti a tema marinaro scritti da Descalzo sulle sue esperienze, ma la poesia si è ormai stabilita al centro dei suoi interessi e così, nel 1929, prepara un poemetto che stampa con le sue mani di ex tipografo. Questo testo poetico in quattrocentocinquantotto endecasillabi ha il titolo (piuttosto ricercato) di Uligine (l’umido che si trova ai piedi delle piante) ed è a tema contadino, un mondo che conosce fin da bambino, tanto che vi abbondano nel lessico gli echi pascoliani di Myricae e dei Canti di Castelvecchio. Ma se vi viene raccontata la vita serena a contatto con la natura, non manca l’apprezzamento per la modernità, espressa soprattutto nella scena in cui appare un treno che attraversa la pianura dei campi e il protagonista saluta i passeggeri che hanno la fortuna di viaggiare: già perché il viaggio era un altro dei grandi interessi vitali per Descalzo.

Van Schendel porta il librino a Papini e ai letterati fiorentini e Operti fornisce a Descalzo gli indirizzi di critici e poeti ai quali è opportuno fare avere Uligine; una mossa azzeccata perché l’interesse suscitato è subito altissimo, un po’ per la qualità del poemetto davvero singolare e originale ma forse ancor più per il suo autore, un autodidatta operaio, prima contadino e pescatore, che ha scritto in endecasillabi.

Gli apprezzamenti si sprecano e tra questi ci sono i due responsabili della rivista “Circoli”, fondata a Genova nel 1930: Adriano Grande, il poeta al quale Montale portava le sue poesie per averne giudizi e suggerimenti (e infatti la prima edizione di Ossi di seppia è dedicata a lui), e Angelo Barile, compagno di scuola e amico di Camillo Sbarbaro. Essi propongono a Descalzo di scegliere alcuni passi del poemetto per pubblicarli appunto su “Circoli” che avrà poi nel 1932 un’ulteriore ristampa integrale con la rivista futurista “L’Eroica” dello spezzino Ettore Cozzani. E così avviene, aumentando ovviamente la notorietà del poeta di Sestri Levante nell’ambiente degli scrittori italiani tra i quali la rivista circolava ampiamente.

Tra i personaggi importanti che avevano letto e apprezzato Uligine c’era anche Umberto Fracchia, il fondatore nel 1925 del settimanale “La Fiera Letteraria” e personaggio molto autorevole nel mondo letterario italiano, che dal 1928 si era stabilito a Bargone, un borgo collinare a una decina di chilometri da Sestri Levante, dove tornava da Milano o da Roma – qui morirà prematuramente all’improvviso nel dicembre del 1930 – appena poteva con una vistosa coupé rossa e dove accoglieva i più autorevoli scrittori e giornalisti italiani; e Descalzo, da lui invitato, prese a frequentarlo e accolse il suo pratico suggerimento di scrivere anche in prosa e di collaborare a qualche giornale perché questo lo avrebbe aiutato anche a guadagnare qualche soldo.

*

L’attività giornalistica

Descalzo fu perplesso davanti a questa prospettiva, anche perché il lavoro in fabbrica non gli lasciava troppo tempo e tuttavia quando Giorgio Pini, direttore del “Giornale di Genova” lo invitò a collaborare con racconti della vita di mare e di ambientazione ligure non si tirò indietro, soprattutto per necessità economiche. Cominciò così un’intensa attività giornalistica che lo porterà a pubblicare migliaia di articoli, elzeviri, recensioni e raccontini su decine di testate anche molto prestigiose, come “L’Italia Letteraria” – sulla quale scriverà dal 1931 al 1938 – dove Enrico Falqui lo aveva incaricato di occuparsi dei libri di viaggio. Ma anche per questo il lavoro alla Fit gli era sempre più pesante, tanto più che i proprietari non gradivano che il nome di un loro operaio comparisse spesso sui giornali, mentre su di loro non si scriveva nulla.

E allora Descalzo colse al volo la possibilità di imbarcarsi nel settembre 1930 come piccolo di camera (cioè cameriere) sulla nave passeggeri “Esperia” e cominciare la vita da navigante che, oltre tutto, gli avrebbe consentito di realizzare uno dei suoi sogni: viaggiare. L’alternativa al lavoro in fabbrica però svanì subito: Descalzo soffriva di un mal di mare indomabile che non gli permetteva di svolgere i lavori di bordo che gli erano assegnati e giunto al primo porto, in Egitto, scese dalla nave e tornò subito a Genova dove l’aspettava una bella sorpresa: era stato pubblicato il suo primo articolo sul “Giornale di Genova”, cui collaborerà fino alla sua chiusura nel 1943 con oltre trecentocinquanta articoli e al quale chiederà senza successo di essere assunto anche solo nel ruolo di correttore di bozze. La rete di conoscenze nel mondo culturale si amplia sempre più, estendendosi anche a pittori e scultori come Francesco Messina, e a ciò consegue una sempre più frequente serie di spostamenti, appena il lavoro glielo consente; e così lo troviamo spesso a Genova, dove si reca in bicicletta, per frequentare il gruppo di “Circoli” e conosce così Quasimodo, Ungaretti e Sbarbaro col quale avvierà una sincera e solida amicizia, testimoniata dalle lettere inviategli dal poeta di Pianissimo che Ares ha appena pubblicato in La poesia è un respiro; ma non esiterà a spingersi a Roma, dove conoscerà Sibilla Aleramo, e a Firenze dove andrà a trovare Montale, che nel 1931 gli aveva scritto una cartolina con Vittorini per apprezzare Uligine, nel poco accogliente studio del Gabinetto Vieusseux.

*

La raccolta “Risacca”

Continuando a credere nella poesia, nel 1933 pubblica la sua prima raccolta di liriche Risacca – che proprio Montale recensirà su “Pègaso” e sarà apprezzata tra gli altri da Quasimodo e Saba – una silloge a temi prevalentemente marini, esposti con il senso della realtà di chi li vive e li conosce da vicino, anche se non mancano tratti ermetici e ambientata su quel tratto di mare del Levante tanto vicino alle Cinque Terre, senza peraltro che ancora avesse letto Ossi di seppia. Ormai dedito alla scrittura anche in prosa raccoglie suoi racconti di mare nel libro, anch’esso uscito nel 1933, Sotto Coperta che rischierà di vincere il premio Bagutta, fortemente sostenuto da Paolo Monelli che aveva conosciuto Descalzo quando era andato a Sestri Levante per fare esperienze culinarie da inserire nel suo Ghiottone errante (1935), uno dei primi libri turistico-gastronomici.

Finalmente, nell’estate del 1933 Descalzo lascia la fabbrica, dove dopo l’iniziale lavoro da elettricista, che in una circostanza gli fece subire una pericolosa folgorazione, era passato a mansioni impiegatizie, mantenendo però la qualifica e la paga da operaio; viene assunto dal Comune di Sestri Levante come aiuto archivista e conserverà questa qualifica fino alla morte perché, avendo solo il diploma di scuola elementare, non poteva fare carriera: evidentemente i libri di poesia, i racconti, gli articoli di giornale contavano meno di una licenza di scuola media. Ma nella vita di Descalzo l’amore non riguardava solo la letteratura e i viaggi: c’era un’altra grande passione per un personaggio che abbiamo già incontrato: Corinna Van Schendel. Un amore tormentato e contrastato (sarà lei a ispirargli i versi della raccolta In riva, uscita postuma nel 1981) per la profonda differenza di rango sociale, con ripetuti addii, tanto che nell’aprile 1934 Descalzo per incontrarla andò addirittura in Olanda, approfittando al ritorno per visitare Parigi. Ma non fu questo il suo unico lungo viaggio perché, cercando di superare il mal di mare, si imbarcò più volte su transatlantici come operatore cinematografico per recarsi negli altri continenti, con la conseguenza di scrivere centinaia di articoli a lui sempre più richiesti sui luoghi visitati e sui personaggi più singolari incontrati. E così andò a New York e in Argentina, in Cile e in Sud Africa, in Giappone e in Australia, mettendo insieme le esperienze compiute nel quinto continente in una serie di articoli scritti per il quotidiano milanese “L’Italia” e poi raccolti nel libro La terra dei fossili viventi (1938).

Quando Giorgio Pini nel 1937 passerà da direttore del “Giornale di Genova” a direttore di “Il Popolo d’Italia”, organo ufficiale del Partito Fascista, Descalzo sarà chiamato a collaborarvi; vi pubblicherà fino al 1943 una sessantina di articoli senza però, pur avendo preso la tessera del Partito Fascista nel 1925, asservirsi a richieste politiche, atteggiamento tenuto anche come collaboratore dell’altro giornale di regime “Il Tevere”, quando il direttore Telesio Interlandi gli chiese, apprestandosi a partire per l’Africa, di denigrare la gestione democratica della Liberia e Descalzo rifiutò, scrivendo sul diario il 10 febbraio 1938: «Non è a me che si può chiedere di andare a vedere come vive un popolo che non ci ha fatto nulla e criticare i suoi modi di vita».

*

1936: il primo romanzo

Ormai Descalzo era dunque scrittore e giornalista attivo (tanto da comprarsi una macchina per scrivere nel 1934) e affermato. Dopo aver pubblicato nello stesso anno per le edizioni di “Circoli” le prose liriche Interpretazioni sul modello dei Trucioli sbarbariani, ormai si sente pronto per compiere il grande passo in avanti: la pubblicazione del suo primo romanzo. Nel 1936 uscì appunto Esclusi, la storia drammatica di una famiglia emarginata senza possibilità di uscire dalla miseria più atroce; il libro, molto intenso, fu ben accolto da gran parte della critica, ma uscì invece un articolo di Giacomo Debenedetti (sul “Meridiano di Roma” del 14 febbraio 1937) che, oltre a stroncare il romanzo, sosteneva ingenerosamente che l’attenzione per Descalzo scrittore nasceva non dalle sue qualità letterarie, ma dalla compassione per le sue umili e sfortunate origini. Questo giudizio indusse lo scrittore a frequenti spietate autocritiche, che emergono da annotazioni riportate sul suo diario tuttora inedito: «Mi pare a volte d’aver usurpato stima e considerazione, d’aver scroccato finora, d’essere in qualche modo riuscito piuttosto per un capriccio del caso che per le mie vere qualità» scriverà il 6 dicembre 1945. Il parere negativo di Debenedetti aumentò lo scetticismo di Descalzo nei confronti della scrittura in prosa e lo riportò ai versi con la silloge Paese e mito nei cui versi, ancora non immuni da qualche traccia ermetica e tuttavia di immediata capacità di coinvolgimento, ha saputo raccontare il rapporto suo e della sua gente con il mare, parte integrante della loro vita. La silloge era uscita nel 1938 presso le edizioni di Scheiwiller “All’insegna del pesce d’oro”, appena nate ma già segnate dalla scelta di autori di sicuro talento; il 1938 è anche l’anno in cui Descalzo si sposa con Adriana Franzoia, professoressa di francese alle scuole medie.

*

La Guerra

Ma la guerra incombe e, sebbene ormai quasi quarantenne, il 9 giugno 1940 Descalzo viene richiamato alle armi e inviato sul monte di Portofino per far parte del reparto destinato all’avvistamento aerei, finché il 14 settembre 1943 riceve il foglio di licenza illimitata. A questo sollievo che lo riporta alla vita familiare e al lavoro letterario, poco più tardi si aggiunge una grande gioia, quando il 3 gennaio 1944 nasce la figlia Maria Rita Benedetta. Ma la gioia della paternità finisce preso: il 12 maggio dello stesso anno la bimba muore in un bombardamento aereo a Chiavari. Tutto diventa difficile e insostenibile, lasciando però una traccia che darà grandi frutti: l’attesa per la nascita della figlia aveva avvicinato Descalzo al mondo dei piccoli e allora aveva cominciato a scrivere per ragazzi e il suo primo libro di questo genere – Bàciga il mozzo, che uscirà nel 1946 – ebbe un grande successo tanto che, finita la guerra, l’editore Paravia gli propose di trasferirsi a Torino per lavorare più comodamente; ma Descalzo rifiutò, come del resto aveva già fatto nel settembre del 1944 con l’offerta di Ain Zara Magno di trasferirsi a Roma nella direzione stampa del Minculpop. Nel dopoguerra la ripresa non sarà facile e tuttavia le sue qualità di scrittore sempre capace di proporre argomenti interessanti con la massima chiarezza e semplicità fanno tornare presto la sua firma sulle pagine dei giornali, come il “Corriere del Popolo” di Genova e le due edizioni di Roma e di Milano di “Il Tempo”, e delle riviste letterarie come “La Fiera Letteraria”. E Descalzo ricomincia a viaggiare per mare (va in Grecia e poi a Malta), traendone nuovi spunti per i suoi articoli e, rasserenato dalla nascita della secondogenita Ilaria, riprende a scrivere poesie, pubblicando nel 1947 il raffinato volumetto Variazioni, illustrato dalle suggestive incisioni di Eugenio Mario Raffo, e nel 1948 le prose liriche A volto di fiore in memoria di Maria Rita Benedetta.

*

L’ultimo libro e la disfida con Montanelli

C’è però ancora una partita in sospeso: il romanzo. Dopo l’incerto esito di Esclusi, Descalzo vuole riprovare e pubblica nel 1950, dopo anni di attesa, il suo romanzo autobiografico Tutti i giorni, dove racconta la prima porzione della propria difficile vita; il libro incontra il favore della critica e raggiunge la finale del premio Bagutta con lo stesso numero di voti dell’altro finalista che alla fine si afferma: si chiamava Indro Montanelli, il quale peraltro già da tempo aveva grande stima per Descalzo. Ed egli riprende la sua vita di scrittore per ragazzi – nel 1951 esce Buba Scala, il nemico dei negrieri – e di giornalista (superando i 2.000 articoli pubblicati in circa 20 anni) e mette in cantiere altre pagine in prosa per un nuovo romanzo: il 13 settembre 1951, non ancora cinquantenne, la morte lo coglie nella sua Sestri Levante quando è ancora nel pieno della sua attività di scrittore e della sua vita avventurosa che ha saputo raccontare in versi e in prosa in migliaia di pagine segnate dalla vitalità, dalla curiosità, dall’inventiva e dall’onestà intellettuale.



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La vita di Giovanni Descalzo sembra inventata dalla fantasia sfrenata di uno scrittore di avventure. Comincia a Sestri Levante, una cittadina a cinquanta chilometri di 20.000 abitanti da Genova: per lo più pescatori, naviganti e operai...

di Francesco De Nicola

La vita di Giovanni Descalzo sembra inventata dalla fantasia sfrenata di uno scrittore di avventure. Comincia a Sestri Levante, una cittadina a cinquanta chilometri di 20.000 abitanti da Genova: per lo più pescatori, naviganti e operai, ma in estate anche villeggianti e stranieri. Qui Giovanni nasce il 1° giugno 1902 e quasi subito la sua vita diventa una tragedia: quando è ancora bambino il padre, che è un muratore, mentre lavora per la costruzione della torre in un palazzo del centro, cade e dopo poco muore, lasciando con la moglie, oltre a Giovanni, le tre figlie Attilia, Erminia e Giulia, una delle quali inferma. Per la famiglia comincia la lotta per la sopravvivenza e anche Giovanni deve fare la sua parte: va ad aiutare i contadini in campagna e i pescatori sulla spiaggia e, un po’ più grande, fa il garzone in una tipografia. E la scuola? Quando trova il tempo la frequenta: finisce le elementari a quindici anni. Ma a scuola scopre qualcosa che lo fa evadere dalla durezza della sua vita giovanile: i libri, la lettura, la poesia; deve però imparare l’italiano e così si procura i due volumi del Melzi che ho trovato nella sua biblioteca tutti annotati e vissuti. In questa scoperta del mondo di carta delle lettere c’è una maestra che lo aiuta, si chiama Gina Vaj Pedotti, che gli fa scoprire le poesie del Pascoli e lo indirizza alle biblioteche circolanti, dove, da bravo autodidatta voglioso di appagare la sua sete di letture, prende e legge tutto quello che gli capita: da Verne alla Divina Commedia, da Leopardi a Carducci, da Pastonchi a Corazzini, ma soprattutto Pascoli. Non mancano i suggerimenti di uno zio sacerdote, al quale si rivolgerà per ottenere l’autorizzazione per leggere un libro, allora all’indice, di Benedetto Croce.

Ma c’è dell’altro: nella tipografia si stampano i bollettini di guerra e Giovanni va in giro a distribuirli con entusiasmo nella sua cittadina e con entusiasmo si unisce al gruppo dei Giovani esploratori sestresi che vanno in Garfagnana a portare aiuto dopo il terremoto del 7 settembre 1920.

Intanto, dopo le letture, comincia a scrivere, ma le tragedie non sono finite: nel 1922 muore anche sua madre e lui diventa il capofamiglia lasciando il lavoro in tipografia, poiché i polmoni non sopportano più le esalazioni di piombo. Forse per uscire da questo incubo, risentendo della poesia Alla madre del Pascoli, scrive Collana bruna, un poemetto in strofe saffiche rimate, in memoria della madre scomparsa; sarà seguito dalle sillogi, rimaste inedite, Tigullio notturno (1925) ed Elegie notturne (1928) dove ancora è chiara l’influenza del Pascoli malinconico, ma ora con una più positiva accettazione della sofferenza e una maggiore apertura elegiaca. Alla fine del 1923 trova un posto precario come fattorino nell’ufficio postale di Sestri Levante e qui, in un giorno d’estate, vengono per una spedizione un signore biondo e alto con una figlia giovane e bella: lui è lo scrittore olandese Arthur Van Schendel, che da qualche anno vive a Firenze (ma dal 1933 al 1945 si stabilirà a Sestri Levante) e lei è la figlia Corinna. Descalzo gli parla dei suoi interessi letterari e lui non solo lo ascolta ma lo incoraggia con consigli preziosi. Ma prima di pensare alla letteratura deve mantenere sé stesso e le sue sorelle e allora comincia fare il mozzo sui pescherecci, i leudi, che portano il vino dalla Liguria all’isola d’Elba e, per arrotondare, lavora come operatore cinematografico nella sala del Nettuno, sulla passeggiata a mare di Sestri Levante, dove viene aperta la prima sala cinematografica. E finalmente, nel giugno del 1925, trova un lavoro stabile nella grande tubifera Fit della sua cittadina, dove viene assunto come garzone elettricista.

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Le prime pubblicazioni

Ma ormai la letteratura è entrata nella sua vita e così Descalzo comincia a pubblicare qualcosa, grazie anche ai suggerimenti di Piero Operti, un professore di storia e filosofia piemontese ma docente a Sestri Levante, autore di un libro di memorie sulla Grande Guerra (Sacchetti a terra, 1924) e molto presente e stimato nel mondo intellettuale italiano. E così su alcuni periodici letterari escono racconti a tema marinaro scritti da Descalzo sulle sue esperienze, ma la poesia si è ormai stabilita al centro dei suoi interessi e così, nel 1929, prepara un poemetto che stampa con le sue mani di ex tipografo. Questo testo poetico in quattrocentocinquantotto endecasillabi ha il titolo (piuttosto ricercato) di Uligine (l’umido che si trova ai piedi delle piante) ed è a tema contadino, un mondo che conosce fin da bambino, tanto che vi abbondano nel lessico gli echi pascoliani di Myricae e dei Canti di Castelvecchio. Ma se vi viene raccontata la vita serena a contatto con la natura, non manca l’apprezzamento per la modernità, espressa soprattutto nella scena in cui appare un treno che attraversa la pianura dei campi e il protagonista saluta i passeggeri che hanno la fortuna di viaggiare: già perché il viaggio era un altro dei grandi interessi vitali per Descalzo.

Van Schendel porta il librino a Papini e ai letterati fiorentini e Operti fornisce a Descalzo gli indirizzi di critici e poeti ai quali è opportuno fare avere Uligine; una mossa azzeccata perché l’interesse suscitato è subito altissimo, un po’ per la qualità del poemetto davvero singolare e originale ma forse ancor più per il suo autore, un autodidatta operaio, prima contadino e pescatore, che ha scritto in endecasillabi.

Gli apprezzamenti si sprecano e tra questi ci sono i due responsabili della rivista “Circoli”, fondata a Genova nel 1930: Adriano Grande, il poeta al quale Montale portava le sue poesie per averne giudizi e suggerimenti (e infatti la prima edizione di Ossi di seppia è dedicata a lui), e Angelo Barile, compagno di scuola e amico di Camillo Sbarbaro. Essi propongono a Descalzo di scegliere alcuni passi del poemetto per pubblicarli appunto su “Circoli” che avrà poi nel 1932 un’ulteriore ristampa integrale con la rivista futurista “L’Eroica” dello spezzino Ettore Cozzani. E così avviene, aumentando ovviamente la notorietà del poeta di Sestri Levante nell’ambiente degli scrittori italiani tra i quali la rivista circolava ampiamente.

Tra i personaggi importanti che avevano letto e apprezzato Uligine c’era anche Umberto Fracchia, il fondatore nel 1925 del settimanale “La Fiera Letteraria” e personaggio molto autorevole nel mondo letterario italiano, che dal 1928 si era stabilito a Bargone, un borgo collinare a una decina di chilometri da Sestri Levante, dove tornava da Milano o da Roma – qui morirà prematuramente all’improvviso nel dicembre del 1930 – appena poteva con una vistosa coupé rossa e dove accoglieva i più autorevoli scrittori e giornalisti italiani; e Descalzo, da lui invitato, prese a frequentarlo e accolse il suo pratico suggerimento di scrivere anche in prosa e di collaborare a qualche giornale perché questo lo avrebbe aiutato anche a guadagnare qualche soldo.

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L’attività giornalistica

Descalzo fu perplesso davanti a questa prospettiva, anche perché il lavoro in fabbrica non gli lasciava troppo tempo e tuttavia quando Giorgio Pini, direttore del “Giornale di Genova” lo invitò a collaborare con racconti della vita di mare e di ambientazione ligure non si tirò indietro, soprattutto per necessità economiche. Cominciò così un’intensa attività giornalistica che lo porterà a pubblicare migliaia di articoli, elzeviri, recensioni e raccontini su decine di testate anche molto prestigiose, come “L’Italia Letteraria” – sulla quale scriverà dal 1931 al 1938 – dove Enrico Falqui lo aveva incaricato di occuparsi dei libri di viaggio. Ma anche per questo il lavoro alla Fit gli era sempre più pesante, tanto più che i proprietari non gradivano che il nome di un loro operaio comparisse spesso sui giornali, mentre su di loro non si scriveva nulla.

E allora Descalzo colse al volo la possibilità di imbarcarsi nel settembre 1930 come piccolo di camera (cioè cameriere) sulla nave passeggeri “Esperia” e cominciare la vita da navigante che, oltre tutto, gli avrebbe consentito di realizzare uno dei suoi sogni: viaggiare. L’alternativa al lavoro in fabbrica però svanì subito: Descalzo soffriva di un mal di mare indomabile che non gli permetteva di svolgere i lavori di bordo che gli erano assegnati e giunto al primo porto, in Egitto, scese dalla nave e tornò subito a Genova dove l’aspettava una bella sorpresa: era stato pubblicato il suo primo articolo sul “Giornale di Genova”, cui collaborerà fino alla sua chiusura nel 1943 con oltre trecentocinquanta articoli e al quale chiederà senza successo di essere assunto anche solo nel ruolo di correttore di bozze. La rete di conoscenze nel mondo culturale si amplia sempre più, estendendosi anche a pittori e scultori come Francesco Messina, e a ciò consegue una sempre più frequente serie di spostamenti, appena il lavoro glielo consente; e così lo troviamo spesso a Genova, dove si reca in bicicletta, per frequentare il gruppo di “Circoli” e conosce così Quasimodo, Ungaretti e Sbarbaro col quale avvierà una sincera e solida amicizia, testimoniata dalle lettere inviategli dal poeta di Pianissimo che Ares ha appena pubblicato in La poesia è un respiro; ma non esiterà a spingersi a Roma, dove conoscerà Sibilla Aleramo, e a Firenze dove andrà a trovare Montale, che nel 1931 gli aveva scritto una cartolina con Vittorini per apprezzare Uligine, nel poco accogliente studio del Gabinetto Vieusseux.

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La raccolta “Risacca”

Continuando a credere nella poesia, nel 1933 pubblica la sua prima raccolta di liriche Risacca – che proprio Montale recensirà su “Pègaso” e sarà apprezzata tra gli altri da Quasimodo e Saba – una silloge a temi prevalentemente marini, esposti con il senso della realtà di chi li vive e li conosce da vicino, anche se non mancano tratti ermetici e ambientata su quel tratto di mare del Levante tanto vicino alle Cinque Terre, senza peraltro che ancora avesse letto Ossi di seppia. Ormai dedito alla scrittura anche in prosa raccoglie suoi racconti di mare nel libro, anch’esso uscito nel 1933, Sotto Coperta che rischierà di vincere il premio Bagutta, fortemente sostenuto da Paolo Monelli che aveva conosciuto Descalzo quando era andato a Sestri Levante per fare esperienze culinarie da inserire nel suo Ghiottone errante (1935), uno dei primi libri turistico-gastronomici.

Finalmente, nell’estate del 1933 Descalzo lascia la fabbrica, dove dopo l’iniziale lavoro da elettricista, che in una circostanza gli fece subire una pericolosa folgorazione, era passato a mansioni impiegatizie, mantenendo però la qualifica e la paga da operaio; viene assunto dal Comune di Sestri Levante come aiuto archivista e conserverà questa qualifica fino alla morte perché, avendo solo il diploma di scuola elementare, non poteva fare carriera: evidentemente i libri di poesia, i racconti, gli articoli di giornale contavano meno di una licenza di scuola media. Ma nella vita di Descalzo l’amore non riguardava solo la letteratura e i viaggi: c’era un’altra grande passione per un personaggio che abbiamo già incontrato: Corinna Van Schendel. Un amore tormentato e contrastato (sarà lei a ispirargli i versi della raccolta In riva, uscita postuma nel 1981) per la profonda differenza di rango sociale, con ripetuti addii, tanto che nell’aprile 1934 Descalzo per incontrarla andò addirittura in Olanda, approfittando al ritorno per visitare Parigi. Ma non fu questo il suo unico lungo viaggio perché, cercando di superare il mal di mare, si imbarcò più volte su transatlantici come operatore cinematografico per recarsi negli altri continenti, con la conseguenza di scrivere centinaia di articoli a lui sempre più richiesti sui luoghi visitati e sui personaggi più singolari incontrati. E così andò a New York e in Argentina, in Cile e in Sud Africa, in Giappone e in Australia, mettendo insieme le esperienze compiute nel quinto continente in una serie di articoli scritti per il quotidiano milanese “L’Italia” e poi raccolti nel libro La terra dei fossili viventi (1938).

Quando Giorgio Pini nel 1937 passerà da direttore del “Giornale di Genova” a direttore di “Il Popolo d’Italia”, organo ufficiale del Partito Fascista, Descalzo sarà chiamato a collaborarvi; vi pubblicherà fino al 1943 una sessantina di articoli senza però, pur avendo preso la tessera del Partito Fascista nel 1925, asservirsi a richieste politiche, atteggiamento tenuto anche come collaboratore dell’altro giornale di regime “Il Tevere”, quando il direttore Telesio Interlandi gli chiese, apprestandosi a partire per l’Africa, di denigrare la gestione democratica della Liberia e Descalzo rifiutò, scrivendo sul diario il 10 febbraio 1938: «Non è a me che si può chiedere di andare a vedere come vive un popolo che non ci ha fatto nulla e criticare i suoi modi di vita».

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1936: il primo romanzo

Ormai Descalzo era dunque scrittore e giornalista attivo (tanto da comprarsi una macchina per scrivere nel 1934) e affermato. Dopo aver pubblicato nello stesso anno per le edizioni di “Circoli” le prose liriche Interpretazioni sul modello dei Trucioli sbarbariani, ormai si sente pronto per compiere il grande passo in avanti: la pubblicazione del suo primo romanzo. Nel 1936 uscì appunto Esclusi, la storia drammatica di una famiglia emarginata senza possibilità di uscire dalla miseria più atroce; il libro, molto intenso, fu ben accolto da gran parte della critica, ma uscì invece un articolo di Giacomo Debenedetti (sul “Meridiano di Roma” del 14 febbraio 1937) che, oltre a stroncare il romanzo, sosteneva ingenerosamente che l’attenzione per Descalzo scrittore nasceva non dalle sue qualità letterarie, ma dalla compassione per le sue umili e sfortunate origini. Questo giudizio indusse lo scrittore a frequenti spietate autocritiche, che emergono da annotazioni riportate sul suo diario tuttora inedito: «Mi pare a volte d’aver usurpato stima e considerazione, d’aver scroccato finora, d’essere in qualche modo riuscito piuttosto per un capriccio del caso che per le mie vere qualità» scriverà il 6 dicembre 1945. Il parere negativo di Debenedetti aumentò lo scetticismo di Descalzo nei confronti della scrittura in prosa e lo riportò ai versi con la silloge Paese e mito nei cui versi, ancora non immuni da qualche traccia ermetica e tuttavia di immediata capacità di coinvolgimento, ha saputo raccontare il rapporto suo e della sua gente con il mare, parte integrante della loro vita. La silloge era uscita nel 1938 presso le edizioni di Scheiwiller “All’insegna del pesce d’oro”, appena nate ma già segnate dalla scelta di autori di sicuro talento; il 1938 è anche l’anno in cui Descalzo si sposa con Adriana Franzoia, professoressa di francese alle scuole medie.

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La Guerra

Ma la guerra incombe e, sebbene ormai quasi quarantenne, il 9 giugno 1940 Descalzo viene richiamato alle armi e inviato sul monte di Portofino per far parte del reparto destinato all’avvistamento aerei, finché il 14 settembre 1943 riceve il foglio di licenza illimitata. A questo sollievo che lo riporta alla vita familiare e al lavoro letterario, poco più tardi si aggiunge una grande gioia, quando il 3 gennaio 1944 nasce la figlia Maria Rita Benedetta. Ma la gioia della paternità finisce preso: il 12 maggio dello stesso anno la bimba muore in un bombardamento aereo a Chiavari. Tutto diventa difficile e insostenibile, lasciando però una traccia che darà grandi frutti: l’attesa per la nascita della figlia aveva avvicinato Descalzo al mondo dei piccoli e allora aveva cominciato a scrivere per ragazzi e il suo primo libro di questo genere – Bàciga il mozzo, che uscirà nel 1946 – ebbe un grande successo tanto che, finita la guerra, l’editore Paravia gli propose di trasferirsi a Torino per lavorare più comodamente; ma Descalzo rifiutò, come del resto aveva già fatto nel settembre del 1944 con l’offerta di Ain Zara Magno di trasferirsi a Roma nella direzione stampa del Minculpop. Nel dopoguerra la ripresa non sarà facile e tuttavia le sue qualità di scrittore sempre capace di proporre argomenti interessanti con la massima chiarezza e semplicità fanno tornare presto la sua firma sulle pagine dei giornali, come il “Corriere del Popolo” di Genova e le due edizioni di Roma e di Milano di “Il Tempo”, e delle riviste letterarie come “La Fiera Letteraria”. E Descalzo ricomincia a viaggiare per mare (va in Grecia e poi a Malta), traendone nuovi spunti per i suoi articoli e, rasserenato dalla nascita della secondogenita Ilaria, riprende a scrivere poesie, pubblicando nel 1947 il raffinato volumetto Variazioni, illustrato dalle suggestive incisioni di Eugenio Mario Raffo, e nel 1948 le prose liriche A volto di fiore in memoria di Maria Rita Benedetta.

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L’ultimo libro e la disfida con Montanelli

C’è però ancora una partita in sospeso: il romanzo. Dopo l’incerto esito di Esclusi, Descalzo vuole riprovare e pubblica nel 1950, dopo anni di attesa, il suo romanzo autobiografico Tutti i giorni, dove racconta la prima porzione della propria difficile vita; il libro incontra il favore della critica e raggiunge la finale del premio Bagutta con lo stesso numero di voti dell’altro finalista che alla fine si afferma: si chiamava Indro Montanelli, il quale peraltro già da tempo aveva grande stima per Descalzo. Ed egli riprende la sua vita di scrittore per ragazzi – nel 1951 esce Buba Scala, il nemico dei negrieri – e di giornalista (superando i 2.000 articoli pubblicati in circa 20 anni) e mette in cantiere altre pagine in prosa per un nuovo romanzo: il 13 settembre 1951, non ancora cinquantenne, la morte lo coglie nella sua Sestri Levante quando è ancora nel pieno della sua attività di scrittore e della sua vita avventurosa che ha saputo raccontare in versi e in prosa in migliaia di pagine segnate dalla vitalità, dalla curiosità, dall’inventiva e dall’onestà intellettuale.



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