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I dimenticati dell’arte. Stefano Terra, l’artista solitario
Artribune di lunedģ 6 novembre 2023
Amato e stimato dai suoi colleghi, da Vittorini a Fofi, Stefano Terra fa parte dei tanti talenti che il nostro paese non ha saputo riconoscere, e attende ancora di essere scoperto dal grande pubblico

di Ludovico Pratesi

I dimenticati dell’arte. Stefano Terra, l’artista solitario

Ero un ragazzo senza arte né parte solitario / con il furore e le malinconie dei senza amici”. Con queste parole si raccontava Giulio Tavernari (1917-1986), noto con lo pseudonimo di Stefano Terra, una delle figure più singolari e libere della letteratura italiana del secolo scorso.

Chi era Stefano Terra

Nato a Torino durante la Prima Guerra Mondiale da un padre bolognese e una madre torinese, si rende indipendente a tredici anni, iniziando a lavorare come operaio, per poi svolgere mansioni diverse, dal fattorino alla guardia di frontiera: subito dopo aver compiuto vent’anni comincia a frequentare giovani antifascisti e diventa amico di Cesare Pavese e Leone Ginzburg. A causa del suo credo politico viene costretto a lasciare l’Italia e fuggire al Cairo, dove raggiunge gli esuli del gruppo Giustizia e libertà: negli stessi anni inizia una carriera di giornalista, collaborando a diverse testate come il Corriere d’Italia e i Quaderni di Giustizia e libertà, dove assume la carica di redattore capo. Nel 1943 torna in Italia, prima a Roma e poi a Milano, per dirigere il quotidiano Italia libera: Elio Vittorini lo invita a collaborare a Il Politecnico, accanto a Franco Calamandrei, Franco Fortini e Vito Pandolfi: in quel periodo esce a puntate in Francia la traduzione in francese del suo primo romanzo, Il ritorno del prigioniero, uscito nel 1944, definito da Terra come una “cronaca amara di chi vede il fallimento di una generazione”. Nel 1950 lavora a Belgrado come corrispondente della Rai e dell’Ansa, per seguire la formazione del terzo blocco dei paesi non allineati: incontra Tito e ne racconta la personalità nel saggio Tre anni con Tito (1953), seguito da Il sorriso dell’imperatrice. Viaggio in Grecia e in Medio Oriente (1958), appassionato memoir della sua attività di inviato.

I romanzi di Terra

Come scrittore Terra pubblica diversi romanzi, tra i quali spicca La fortezza del Kalimegdan (1956). Nel 1968 smette la sua carriera di giornalista e si dedica interamente alla scrittura e pubblica Calda come la colomba (1971), Alessandra (1974, Premio Campiello), Le porte di ferro (1979), Albergo Minerva (1982), Un viaggio una vita (1984). Goffredo Fofi lo scopre grazie adun suggerimento di Elsa Morante e se ne innamora: “La fortezza del Kalimegdan è forse il suo libro più bello, che parla della ricerca di una persona scomparsa in tempo di guerra tra Grecia ed Egitto, Siria e Libano e Jugoslavia. Un mondo di cui i lettori italiani conoscevano piuttosto poco, salvo quelli che c’erano stati da militari o diplomatici… e fu anche per questo che i suoi libri mi affascinarono”. Le porte di ferro colpisce invece Claudio Magris, che nel 2018 scrive sul Corriere della Sera: “Torinese, uomo di tanti mestieri, viaggi e avventure, emigrato antifascista, giornalista e scrittore di ventura, nomade nell’esistenza e nell’anima e di robuste radici piemontesi e libertarie, poeta ma soprattutto narratore, Terra è un vero, forte scrittore”. Amato e stimato dai suoi colleghi, Stefano Terra fa parte dei tanti talenti che il nostro paese non ha saputo riconoscere, e attende ancora di essere scoperto dal grande pubblico.


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Amato e stimato dai suoi colleghi, da Vittorini a Fofi, Stefano Terra fa parte dei tanti talenti che il nostro paese non ha saputo riconoscere, e attende ancora di essere scoperto dal grande pubblico

di Ludovico Pratesi

I dimenticati dell’arte. Stefano Terra, l’artista solitario

Ero un ragazzo senza arte né parte solitario / con il furore e le malinconie dei senza amici”. Con queste parole si raccontava Giulio Tavernari (1917-1986), noto con lo pseudonimo di Stefano Terra, una delle figure più singolari e libere della letteratura italiana del secolo scorso.

Chi era Stefano Terra

Nato a Torino durante la Prima Guerra Mondiale da un padre bolognese e una madre torinese, si rende indipendente a tredici anni, iniziando a lavorare come operaio, per poi svolgere mansioni diverse, dal fattorino alla guardia di frontiera: subito dopo aver compiuto vent’anni comincia a frequentare giovani antifascisti e diventa amico di Cesare Pavese e Leone Ginzburg. A causa del suo credo politico viene costretto a lasciare l’Italia e fuggire al Cairo, dove raggiunge gli esuli del gruppo Giustizia e libertà: negli stessi anni inizia una carriera di giornalista, collaborando a diverse testate come il Corriere d’Italia e i Quaderni di Giustizia e libertà, dove assume la carica di redattore capo. Nel 1943 torna in Italia, prima a Roma e poi a Milano, per dirigere il quotidiano Italia libera: Elio Vittorini lo invita a collaborare a Il Politecnico, accanto a Franco Calamandrei, Franco Fortini e Vito Pandolfi: in quel periodo esce a puntate in Francia la traduzione in francese del suo primo romanzo, Il ritorno del prigioniero, uscito nel 1944, definito da Terra come una “cronaca amara di chi vede il fallimento di una generazione”. Nel 1950 lavora a Belgrado come corrispondente della Rai e dell’Ansa, per seguire la formazione del terzo blocco dei paesi non allineati: incontra Tito e ne racconta la personalità nel saggio Tre anni con Tito (1953), seguito da Il sorriso dell’imperatrice. Viaggio in Grecia e in Medio Oriente (1958), appassionato memoir della sua attività di inviato.

I romanzi di Terra

Come scrittore Terra pubblica diversi romanzi, tra i quali spicca La fortezza del Kalimegdan (1956). Nel 1968 smette la sua carriera di giornalista e si dedica interamente alla scrittura e pubblica Calda come la colomba (1971), Alessandra (1974, Premio Campiello), Le porte di ferro (1979), Albergo Minerva (1982), Un viaggio una vita (1984). Goffredo Fofi lo scopre grazie adun suggerimento di Elsa Morante e se ne innamora: “La fortezza del Kalimegdan è forse il suo libro più bello, che parla della ricerca di una persona scomparsa in tempo di guerra tra Grecia ed Egitto, Siria e Libano e Jugoslavia. Un mondo di cui i lettori italiani conoscevano piuttosto poco, salvo quelli che c’erano stati da militari o diplomatici… e fu anche per questo che i suoi libri mi affascinarono”. Le porte di ferro colpisce invece Claudio Magris, che nel 2018 scrive sul Corriere della Sera: “Torinese, uomo di tanti mestieri, viaggi e avventure, emigrato antifascista, giornalista e scrittore di ventura, nomade nell’esistenza e nell’anima e di robuste radici piemontesi e libertarie, poeta ma soprattutto narratore, Terra è un vero, forte scrittore”. Amato e stimato dai suoi colleghi, Stefano Terra fa parte dei tanti talenti che il nostro paese non ha saputo riconoscere, e attende ancora di essere scoperto dal grande pubblico.


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06/11/2024

Diego Zandel, L’isola di Kos

L’isola greca di Kos, Dodecaneso (la terza più grande, dopo Rodi e Scarpantos). 1969-2012-2024 (come noto già isola carcere e possedimento italiano 1912-1947). Circa 287,2 chilometri quadrati, oltre 30 mila abitanti (molti di più in estate), al massimo 843 metri s.l.m.

Il bravo scrittore italiano Diego Zandel (campo di profughi fiumani di Servigliano, 1948) frequenta L’isola di Kos da 54 anni, perlopiù insieme alla prima moglie Anna (e ai loro figli), la cui mamma era nata lì e che è morta nel 2012.

Scrisse una sorta di guida (mappa, storia, foto, poesie, suggerimenti di visita) quando rimase vedovo (un male mortale scoperto nel gennaio 2010), come dolce ricordo (in parte diario). La ripropone oggi con alcuni aggiornamenti per quanto riguarda locali e ristoranti, taverne e psarotaverne (osterie di pesce), nuove infrastrutture e percorsi.

Migliaia di italiani e italiane ci vanno ogni anno, altri vi stanno forse programmando un viaggio, ciascuno potrà scoprire un informato avvincente turismo lento.

Guglielmo Marconi e la Marina italiana di Silvano Benedetti

"Scritto letto detto", la rubrica di #RaiStoria in onda domenica #6ottobre alle 8.50 e alle 20.20. Giovanni Paolo Fontana intervista scrittori, giornalisti e testimoni. Lo storico Silvano Benedetti ricostruisce il profondo legame tra Guglielmo Marconi e la Marina italiana.
Si rivede su #Raiplay




Silvano Benedetti parla del suo libro


La trasmissione è andata in onda il 6 ottobre
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