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Alessandra di Stefano Terra
Sololibri.net di domenica 26 novembre 2023
Gammarò editore, 2023 - La casa editrice ligure ha riproposto dopo mezzo secolo “Alessandra”, il romanzo di Giulio Tavernari (giornalista, scrittore e poeta, firmava con lo pseudonimo Stefano Terra), che vinse il Premio Campiello nel 1974

di Felice Laudadio

Non sono un critico, non soffro di complessi di superiorità, non provo soddisfazione nel giudicare qualcuno e non mi ergo davanti a nessuno. Sono soltanto un lettore-raccontatore di quello che gli scrittori raccontano a loro volta. Mi sento in imbarazzo, perciò, davanti a Stefano Terra e al suo Alessandra, riedito questa primavera da Gammarò del Gruppo editoriale ligure “Oltre” (2023, 190 pagine).
Un romanzo premiato con il Campiello nel 1974, esito ragguardevole per il giornalista, scrittore e poeta allora cinquantasettenne, firma di prestigio e di successo.
Infatti hanno brillato altri due titoli successivi: Le porte di ferro, vincitore del Viareggio nel 1980 e Albergo Minerva, Premio Scanno nel 1984.

Alessandra è un esempio di letteratura importante, al cospetto del quale mi ritrovo disarmato. Dire: questo è un bel romanzo, equivarrebbe a scoprire l’acqua calda, dal momento che critici letterari e grandi nomi della cultura nazionale lo hanno a loro tempo giudicato positivamente ed elevato a primo tra i primi.
Anche far capire che mi piace, rischierebbe di apparire una professione di autoreferenzialità e, nel più innocente dei casi, non farebbe che aggiungere buon’ultima la mia opinione a quella di altri e più qualificati che mi hanno preceduto.

Vero è che qualunque cosa si possa scrivere, Stefano Terra non potrebbe averne a male, considerato che non c’è più: nato a Torino nel 1917, è morto del male del secolo nel 1986, a Roma. Tutto sommato, nemmeno c’era davvero, visto che firmava con quello pseudonimo ma si chiamava Giulio Tavernari, un irrequieto intellettuale antifascista.

Scrittore poco conosciuto, Tavernari o Terra che si voglia, questo è oggettivo, a sarebbe corretto considerarlo “ingiustamente dimenticato”, fa notare Diego Zandel, curatore editoriale delle Edizioni Oltre.
La Treccani soccorre online, informandoci che Stefano Terra (alias Giulio Traversari) è stato un giornalista e scrittore antifascista, del gruppo torinese di “’Giustizia e Libertà”’, amico di Ginzburg e Pavese.
Costretto ad abbandonare l’Italia, proseguì l’attività clandestina in Egitto, al Cairo.
Nel dopoguerra ha collaborato al “Politecnico” di Elio Vittorini e diretto a Milano “Il ’45”. Inviato speciale per La Stampa e RAI, ha seguito le vicende politiche dei Balcani e del Medio Oriente, risiedendo per lo più in Grecia.
Dopo l’esordio narrativo nel 1942, ha scritto racconti e numerosi romanzi, definiti da molti “di sapore neoromantico”.
È stato anche poeta e saggista, con testi ispirati dalle attività all’estero.

Un articolo recente, pubblicato il 2 settembre 2022 su “il Fatto Quotidiano” in vista del ritorno in stampa proprio di questo romanzo, lo ha salutato come Un autore fuori dalle mafie letterarie, titolo indubbiamente impegnativo, ma decisamente promettente per gli interessati.

In calce alla riedizione Gammarò, sempre Zandel motiva esaustivamente e con grande efficacia la grandezza di Terra. È da questa postfazione che abbiamo ricavato:

L’ingiustamente dimenticato, perché è stato un grande scrittore.

Confessa di averlo scoperto proprio grazie alla lettura di Alessandra. Non si trattava del suo primo romanzo, ma lo sentiva nominare per la prima volta. Un acquisto suggerito dalle anticipazioni di stampa sull’ambientazione in Grecia, a Rodi (la moglie di Zandel era originaria di un’isola, Kos, dello stesso arcipelago ellenico, il Dodecaneso).
La prima lettura - e autentica folgorazione - ne aveva suggerito altre, tutte le volte che si ripresentava la nostalgia di quei luoghi incantati, alleviata rileggendo qualche pagina. Stefano Terra riusciva a restituirgli quel mondo, i cieli azzurri sui quali si specchia il mare Egeo, in aggiunta all’incanto della storia d’amore tra due anziani: Alessandra, malata e il protagonista alter ego dell’inviato speciale, corrispondente dai Balcani e dal Levante - come amava chiamare il Medioriente - console onorario a Rodi, con alle spalle una vita d’avventuriero, tra anarchici e trotzkisti.

Una scrittura che afferra il lettore alle viscere per trascinarlo dritto al cuore dalla prima all’ultima pagina... frasi brevi, come sospirate, venate di poesia, che schiudono immagini con la forza di un grande fotoreporter... un romanzo intessuto di memoria, che investiga la coscienza inquieta di personaggi solitari, sullo sfondo di quegli scenari.

Apprendiamo, con qualche dettaglio ulteriore, che Tavernari è stato corrispondente prima da Parigi poi da Belgrado e dai Balcani, anche da Gerusalemme e da Atene e il Medioriente. Già nell’immediato dopoguerra è rimasto per un triennio in Jugoslavia. Ne ha riferito in Tre anni con Tito, del 1953, libro sparito dalla circolazione per volere del Maresciallo, indispettito dalle critiche del giornalista italiano per la gestione del problema Trieste. La moglie serba, Emilia, ha riferito che Tito aveva dato l’ordine di comprare tutte le copie nelle librerie italiane, operazione condotta dai suoi emissari, con la collaborazione per ragioni diplomatiche di Palazzo Chigi, visto che ch’era ancora in ballo il futuro della città Giulia, allora divisa in due zone d’influenza.

L’amore per i libri di Stefano Terra e per il mondo comune che raccontavano indusse il trentenne Diego Zandel a cercare di conoscerlo di persona, negli anni Settanta. Tante volte si dice ch’è meglio non avvicinare gli scrittori dei libri che si amano.
Ci sarebbe il rischio di restare delusi, tanto da ricondizionare il giudizio sui lavori. Zandel invece ha ricavato la conferma della sua stima appassionata, a riprova della validità di un anziano, ma per niente vecchio Terra-Tavernari.



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di Felice Laudadio

Non sono un critico, non soffro di complessi di superiorità, non provo soddisfazione nel giudicare qualcuno e non mi ergo davanti a nessuno. Sono soltanto un lettore-raccontatore di quello che gli scrittori raccontano a loro volta. Mi sento in imbarazzo, perciò, davanti a Stefano Terra e al suo Alessandra, riedito questa primavera da Gammarò del Gruppo editoriale ligure “Oltre” (2023, 190 pagine).
Un romanzo premiato con il Campiello nel 1974, esito ragguardevole per il giornalista, scrittore e poeta allora cinquantasettenne, firma di prestigio e di successo.
Infatti hanno brillato altri due titoli successivi: Le porte di ferro, vincitore del Viareggio nel 1980 e Albergo Minerva, Premio Scanno nel 1984.

Alessandra è un esempio di letteratura importante, al cospetto del quale mi ritrovo disarmato. Dire: questo è un bel romanzo, equivarrebbe a scoprire l’acqua calda, dal momento che critici letterari e grandi nomi della cultura nazionale lo hanno a loro tempo giudicato positivamente ed elevato a primo tra i primi.
Anche far capire che mi piace, rischierebbe di apparire una professione di autoreferenzialità e, nel più innocente dei casi, non farebbe che aggiungere buon’ultima la mia opinione a quella di altri e più qualificati che mi hanno preceduto.

Vero è che qualunque cosa si possa scrivere, Stefano Terra non potrebbe averne a male, considerato che non c’è più: nato a Torino nel 1917, è morto del male del secolo nel 1986, a Roma. Tutto sommato, nemmeno c’era davvero, visto che firmava con quello pseudonimo ma si chiamava Giulio Tavernari, un irrequieto intellettuale antifascista.

Scrittore poco conosciuto, Tavernari o Terra che si voglia, questo è oggettivo, a sarebbe corretto considerarlo “ingiustamente dimenticato”, fa notare Diego Zandel, curatore editoriale delle Edizioni Oltre.
La Treccani soccorre online, informandoci che Stefano Terra (alias Giulio Traversari) è stato un giornalista e scrittore antifascista, del gruppo torinese di “’Giustizia e Libertà”’, amico di Ginzburg e Pavese.
Costretto ad abbandonare l’Italia, proseguì l’attività clandestina in Egitto, al Cairo.
Nel dopoguerra ha collaborato al “Politecnico” di Elio Vittorini e diretto a Milano “Il ’45”. Inviato speciale per La Stampa e RAI, ha seguito le vicende politiche dei Balcani e del Medio Oriente, risiedendo per lo più in Grecia.
Dopo l’esordio narrativo nel 1942, ha scritto racconti e numerosi romanzi, definiti da molti “di sapore neoromantico”.
È stato anche poeta e saggista, con testi ispirati dalle attività all’estero.

Un articolo recente, pubblicato il 2 settembre 2022 su “il Fatto Quotidiano” in vista del ritorno in stampa proprio di questo romanzo, lo ha salutato come Un autore fuori dalle mafie letterarie, titolo indubbiamente impegnativo, ma decisamente promettente per gli interessati.

In calce alla riedizione Gammarò, sempre Zandel motiva esaustivamente e con grande efficacia la grandezza di Terra. È da questa postfazione che abbiamo ricavato:

L’ingiustamente dimenticato, perché è stato un grande scrittore.

Confessa di averlo scoperto proprio grazie alla lettura di Alessandra. Non si trattava del suo primo romanzo, ma lo sentiva nominare per la prima volta. Un acquisto suggerito dalle anticipazioni di stampa sull’ambientazione in Grecia, a Rodi (la moglie di Zandel era originaria di un’isola, Kos, dello stesso arcipelago ellenico, il Dodecaneso).
La prima lettura - e autentica folgorazione - ne aveva suggerito altre, tutte le volte che si ripresentava la nostalgia di quei luoghi incantati, alleviata rileggendo qualche pagina. Stefano Terra riusciva a restituirgli quel mondo, i cieli azzurri sui quali si specchia il mare Egeo, in aggiunta all’incanto della storia d’amore tra due anziani: Alessandra, malata e il protagonista alter ego dell’inviato speciale, corrispondente dai Balcani e dal Levante - come amava chiamare il Medioriente - console onorario a Rodi, con alle spalle una vita d’avventuriero, tra anarchici e trotzkisti.

Una scrittura che afferra il lettore alle viscere per trascinarlo dritto al cuore dalla prima all’ultima pagina... frasi brevi, come sospirate, venate di poesia, che schiudono immagini con la forza di un grande fotoreporter... un romanzo intessuto di memoria, che investiga la coscienza inquieta di personaggi solitari, sullo sfondo di quegli scenari.

Apprendiamo, con qualche dettaglio ulteriore, che Tavernari è stato corrispondente prima da Parigi poi da Belgrado e dai Balcani, anche da Gerusalemme e da Atene e il Medioriente. Già nell’immediato dopoguerra è rimasto per un triennio in Jugoslavia. Ne ha riferito in Tre anni con Tito, del 1953, libro sparito dalla circolazione per volere del Maresciallo, indispettito dalle critiche del giornalista italiano per la gestione del problema Trieste. La moglie serba, Emilia, ha riferito che Tito aveva dato l’ordine di comprare tutte le copie nelle librerie italiane, operazione condotta dai suoi emissari, con la collaborazione per ragioni diplomatiche di Palazzo Chigi, visto che ch’era ancora in ballo il futuro della città Giulia, allora divisa in due zone d’influenza.

L’amore per i libri di Stefano Terra e per il mondo comune che raccontavano indusse il trentenne Diego Zandel a cercare di conoscerlo di persona, negli anni Settanta. Tante volte si dice ch’è meglio non avvicinare gli scrittori dei libri che si amano.
Ci sarebbe il rischio di restare delusi, tanto da ricondizionare il giudizio sui lavori. Zandel invece ha ricavato la conferma della sua stima appassionata, a riprova della validità di un anziano, ma per niente vecchio Terra-Tavernari.



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