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Ucraina. La guerra addomesticata
La barca e il mare di venerdì 22 agosto 2025
Il molto parlare della guerra finisce per far credere che è naturale che la guerra ci sia. Un libro di Andrea Valesini sul conflitto in Ucraina è un contributo prezioso a tener vivo Il carattere drammatico della guerra, il suo volto violento e per non dimenticare quello che di positivo c'è, nonostante

di Daniele Rocchetti

Un giorno capiremo la guerra. Ma sarà troppo tardi

“La somministrazione quotidiana della violenza — nei media, sui social, nei videogiochi — funziona come un anestetico: non ne capiamo più la portata e le conseguenze. Accade lo stesso con la guerra: diventa una rappresentazione. Una fantasmagoria di foto, filmati, luci, colori, mappe, parole, grafici. Ma un missile che colpisce un palazzo non è uno spettacolo: squarcia, brucia, uccide. Secoli fa uomini e donne capivano la guerra perché la toccavano. Per noi è un esercizio mentale. Pericoloso. Perché, se andiamo avanti così, prima o poi la guerra arriva. Allora capiremo cos’è, ma sarà tardi.” Cosi Beppe Servergnini in un articolo recente pubblicato sul Corriere della Sera.

Una fotografia impietosa e lucida della condizione umana, della nostra progressiva assuefazione ai conflitti specie se sono lontani dalle nostre vite e durano da tempo e se nel frattempo l’occhio di bue del circo mediatico segnala altre tragedie e altre guerre.

Ucraina: una guerra lampo mancata

Sono passati tre anni e mezzo dall’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. Nell’intenzioni di Putin avrebbe dovuto trattarsi di una “guerra lampo”, facilitata – seconda la narrazione fatta circolare nei primi tempi dalla propaganda russa – dagli stessi ucraini, desiderosi di essere – finalmente! - liberati dalla tirannide neonazista.

In realtà, lo abbiamo visto in questi anni, la storia è andata diversamente: il piccolo Davide, rovesciando numerosi stereotipi, si è raccolto con coraggio e determinazione contro un Golia che ha usato quasi tutte le armi a disposizione (tra queste, nel silenzio quasi generale, anche la deportazione di centinaia di bimbi ucraini, sottratti alle legittime famiglie, in terra russa).

E’ calata, drasticamente, l’attenzione dell’opinione pubblica, anche italiana. In un recente sondaggio IPSOS alla domanda: “Nel conflitto Russia-Ucraina lei da che parte sta?”, il 55% degli intervistati ha risposto “Da nessuna delle due parti”, il 10% ha risposto “Russia”, il 35% “Ucraina”. Numeri molto diversi rispetto a qualche tempo fa.

Una pace sempre più lontana

Certo, tre anni e mezzo di un necessario sostegno alla resistenza ucraina di fronte all’ingiusta e sconsiderata aggressione dell’”operazione militare speciale” del 2022 non possono non far sorgere domande sul proseguo.

Soprattutto quando sono accompagnate – e mi riferisco alle posizioni di alcuni leader europei dei mesi scorsi – da derive di rivincita che hanno, specularmente alla posizione di Putin, un profilo di irreale insensatezza che azzera ogni logica politica e diplomatica.

Come usciremo da questo conflitto ancora non lo sappiamo. Sarà richiesta una complessa combinazione di diplomazia, accordi territoriali e garanzie di sicurezza.

La guerra dal punto di vista delle vittime

Unknown
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Nel frattempo, serve vedere cosa sta “dietro” un conflitto e capire cosa sta “dentro” le vite delle persone coinvolte. Lo racconta, in modo esemplare, un libro - L’inverno ucraino. Cronache tra un popolo (Oltre Edizioni, pp.158, 16 euro, disponibile anche in formato digitale a 9,50 euro), - che merita di essere letto.

L’autore è Andrea Valesini, caporedattore de L’Eco di Bergamo. Da sempre attento ai conflitti nel mondo (i suoi reportage dai Balcani al Medioriente meritano da soli la lettura del quotidiano), ma, ancor più, da sempre attento alle vicende umane. Perché il pregio del libro è proprio quello di invitarci a guardare il conflitto dal punto di vista delle vittime.

Valesini, in una trentina di viaggi dall’inizio della guerra, ha visitato moltissime località, vicine alla linea del fronte ma anche nelle retrovie, dove sono fuggiti migliaia di profughi. Ha dato parola a donne e uomini che subiscono nei loro corpi e nelle loro vite, l’idea – terribile – della forza come chiave del diritto: donne e uomini scappati dalle loro case, vittime di crimini di guerra denunciati da numerose Ong e documentati, senza margini di dubbio, da indagini condotte da organizzazioni internazionali come Save the Children o dalle Nazioni Unite stesse (ma chi si ricorda più di Bucha e di Mariupol?).

Ha mostrato la dignità di un popolo, la vivace pluralità e dialettica della classe politica ucraina e la sua coraggiosa resistenza solidale. Non ha nascosto le responsabilità, perché non è vero che tutti sono colpevoli, ha dato voce a coloro – e sono più di quanti crediamo – non cedono all’odio. Ha raccontato – ed è la parte che poco si conosce – “il bene in azione”, il lavoro straordinario di Ong, comunità cristiane, associazioni di volontari che, dentro la tragedia che si consuma, ostinatamente custodiscono brandelli di umanità, aprono brecce di futuro. Nonostante tutto. Con la convinzione che non si può cancellare il tragico dalla storia umana ma con la certezza che il male non avrà l’ultima parola.

Il bene è in azione anche in Ucraina, identificabile proprio in chi agisce in mezzo al conflitto per salvare vite, per riparare e ricostruire ciò che viene quotidianamente distrutto da colpi d’artiglieria, missili e droni esplosivi. Dall’odio. E’ più facile distruggere che ricostruire. Le esistenze annientate non tornano ma la vita non è azzerabile, resiste e si rigenera anche a guerre in corso. 

Un detto ebraico narra che “Dio sa contare fino ad uno”. Il libro di Andrea Valesini restituisce la speranza che nulla andrà perduto.



leggi l'articolo integrale su La barca e il mare
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La barca e il mare - venerdì 22 agosto 2025
Il molto parlare della guerra finisce per far credere che è naturale che la guerra ci sia. Un libro di Andrea Valesini sul conflitto in Ucraina è un contributo prezioso a tener vivo Il carattere drammatico della guerra, il suo volto violento e per non dimenticare quello che di positivo c'è, nonostante

di Daniele Rocchetti

Un giorno capiremo la guerra. Ma sarà troppo tardi

“La somministrazione quotidiana della violenza — nei media, sui social, nei videogiochi — funziona come un anestetico: non ne capiamo più la portata e le conseguenze. Accade lo stesso con la guerra: diventa una rappresentazione. Una fantasmagoria di foto, filmati, luci, colori, mappe, parole, grafici. Ma un missile che colpisce un palazzo non è uno spettacolo: squarcia, brucia, uccide. Secoli fa uomini e donne capivano la guerra perché la toccavano. Per noi è un esercizio mentale. Pericoloso. Perché, se andiamo avanti così, prima o poi la guerra arriva. Allora capiremo cos’è, ma sarà tardi.” Cosi Beppe Servergnini in un articolo recente pubblicato sul Corriere della Sera.

Una fotografia impietosa e lucida della condizione umana, della nostra progressiva assuefazione ai conflitti specie se sono lontani dalle nostre vite e durano da tempo e se nel frattempo l’occhio di bue del circo mediatico segnala altre tragedie e altre guerre.

Ucraina: una guerra lampo mancata

Sono passati tre anni e mezzo dall’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. Nell’intenzioni di Putin avrebbe dovuto trattarsi di una “guerra lampo”, facilitata – seconda la narrazione fatta circolare nei primi tempi dalla propaganda russa – dagli stessi ucraini, desiderosi di essere – finalmente! - liberati dalla tirannide neonazista.

In realtà, lo abbiamo visto in questi anni, la storia è andata diversamente: il piccolo Davide, rovesciando numerosi stereotipi, si è raccolto con coraggio e determinazione contro un Golia che ha usato quasi tutte le armi a disposizione (tra queste, nel silenzio quasi generale, anche la deportazione di centinaia di bimbi ucraini, sottratti alle legittime famiglie, in terra russa).

E’ calata, drasticamente, l’attenzione dell’opinione pubblica, anche italiana. In un recente sondaggio IPSOS alla domanda: “Nel conflitto Russia-Ucraina lei da che parte sta?”, il 55% degli intervistati ha risposto “Da nessuna delle due parti”, il 10% ha risposto “Russia”, il 35% “Ucraina”. Numeri molto diversi rispetto a qualche tempo fa.

Una pace sempre più lontana

Certo, tre anni e mezzo di un necessario sostegno alla resistenza ucraina di fronte all’ingiusta e sconsiderata aggressione dell’”operazione militare speciale” del 2022 non possono non far sorgere domande sul proseguo.

Soprattutto quando sono accompagnate – e mi riferisco alle posizioni di alcuni leader europei dei mesi scorsi – da derive di rivincita che hanno, specularmente alla posizione di Putin, un profilo di irreale insensatezza che azzera ogni logica politica e diplomatica.

Come usciremo da questo conflitto ancora non lo sappiamo. Sarà richiesta una complessa combinazione di diplomazia, accordi territoriali e garanzie di sicurezza.

La guerra dal punto di vista delle vittime

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Nel frattempo, serve vedere cosa sta “dietro” un conflitto e capire cosa sta “dentro” le vite delle persone coinvolte. Lo racconta, in modo esemplare, un libro - L’inverno ucraino. Cronache tra un popolo (Oltre Edizioni, pp.158, 16 euro, disponibile anche in formato digitale a 9,50 euro), - che merita di essere letto.

L’autore è Andrea Valesini, caporedattore de L’Eco di Bergamo. Da sempre attento ai conflitti nel mondo (i suoi reportage dai Balcani al Medioriente meritano da soli la lettura del quotidiano), ma, ancor più, da sempre attento alle vicende umane. Perché il pregio del libro è proprio quello di invitarci a guardare il conflitto dal punto di vista delle vittime.

Valesini, in una trentina di viaggi dall’inizio della guerra, ha visitato moltissime località, vicine alla linea del fronte ma anche nelle retrovie, dove sono fuggiti migliaia di profughi. Ha dato parola a donne e uomini che subiscono nei loro corpi e nelle loro vite, l’idea – terribile – della forza come chiave del diritto: donne e uomini scappati dalle loro case, vittime di crimini di guerra denunciati da numerose Ong e documentati, senza margini di dubbio, da indagini condotte da organizzazioni internazionali come Save the Children o dalle Nazioni Unite stesse (ma chi si ricorda più di Bucha e di Mariupol?).

Ha mostrato la dignità di un popolo, la vivace pluralità e dialettica della classe politica ucraina e la sua coraggiosa resistenza solidale. Non ha nascosto le responsabilità, perché non è vero che tutti sono colpevoli, ha dato voce a coloro – e sono più di quanti crediamo – non cedono all’odio. Ha raccontato – ed è la parte che poco si conosce – “il bene in azione”, il lavoro straordinario di Ong, comunità cristiane, associazioni di volontari che, dentro la tragedia che si consuma, ostinatamente custodiscono brandelli di umanità, aprono brecce di futuro. Nonostante tutto. Con la convinzione che non si può cancellare il tragico dalla storia umana ma con la certezza che il male non avrà l’ultima parola.

Il bene è in azione anche in Ucraina, identificabile proprio in chi agisce in mezzo al conflitto per salvare vite, per riparare e ricostruire ciò che viene quotidianamente distrutto da colpi d’artiglieria, missili e droni esplosivi. Dall’odio. E’ più facile distruggere che ricostruire. Le esistenze annientate non tornano ma la vita non è azzerabile, resiste e si rigenera anche a guerre in corso. 

Un detto ebraico narra che “Dio sa contare fino ad uno”. Il libro di Andrea Valesini restituisce la speranza che nulla andrà perduto.



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