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Emilio Stassi  Emilio Stassi
Giocando a scacchi nei gulag di Tito
L'odissea di un giovane prigioniero




copertina di Andrew Tosh
Portare la carriola era il lavoro più pesante perché bisognava spingere in salita e in certi tratti correre su tavole traballanti. Alle carriole in legno erano sta-te inoltre rialzate le sponde e portavano quasi il doppio del carico. Venivano chiamate jeep. Spesso mi impegnavo in questo lavoro perché mi dava modo di giocare a scacchi – alla cieca – con un detenuto jugoslavo che incrociavo ogni tanto e che faceva parte di chi sa quale desetina.
Le mosse d’apertura le facevamo al primo incrocio, raggiungendo di solito una posizione teorica nota ad entrambi. Poi seguivano le altre, una per una, qualche volta con una proposta aggiuntiva: “Se rispondi con la Torre in ciotto, io gioco il Re in accauno.”
Il ritorno era in discesa e quindi potevo pensare alla partita. L’invisibile scacchiera stava appoggiata sulla carriola e la vedevo perfettamente, come se fosse vera, e non era difficile valutare la posizione e fare le analisi necessarie. Un giorno stavamo giocando l’attacco Richter-Rauzer della Siciliana e nel corso del mediogioco ero venuto a trovarmi in una posizione molto promettente. A un tratto si udì, nelle nostre vicinanze, un crepitare di spari. Le car-riole, le vanghe, le pale, rimasero paralizzate e un brivido freddo percorse l’intero schieramento. Si trattava di un tentativo di fuga verso l’al di qua o verso l’aldilà? Le probabilità di riuscita erano pochissime perché la zona era quasi piana e solo in lontananza verdeggiava una linea d’alberi. Forse strisciando tra l’erba alta. Ma una volta individuati non c’erano più speranze. Il grande meccanismo si rimise in moto con una certa lentezza mentre il Cavallo nero della morte batteva i suoi zoccoli nella testa di tutti. Tornai con il pensiero alla partita, anche se non era facile trovare la giusta concentrazione. Attesi invano la sua mossa. Forse, dopo quel trambusto, aveva cambiato attrezzo di lavoro. Forse aveva tentato la fuga, verso qualche forma di libertà. Il periodo passato a Gredani durò un mese e mezzo e fu il più terribile. Un detenuto italiano mi disse:
“Qui è peggio che a Dachau.”


Ufficio Stampa
Rassegna Stampa
Marchio editoriale
Oltre edizioni
Pubblicato il 19/06/2017
formato: eBook
dimensioni file: ePub 2935 Kb -Kindle 4429 Kb
collana: letture del mondo
genere: Narrativa italiana
ISBN: 9788899932084

Prezzo di Copertina € 6.99
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Portare la carriola era il lavoro più pesante perché bisognava spingere in salita e in certi tratti correre su tavole traballanti. Alle carriole in legno erano sta-te inoltre rialzate le sponde e portavano quasi il doppio del carico. Venivano chiamate jeep. Spesso mi impegnavo in questo lavoro perché mi dava modo di giocare a scacchi – alla cieca – con un detenuto jugoslavo che incrociavo ogni tanto e che faceva parte di chi sa quale desetina.
Le mosse d’apertura le facevamo al primo incrocio, raggiungendo di solito una posizione teorica nota ad entrambi. Poi seguivano le altre, una per una, qualche volta con una proposta aggiuntiva: “Se rispondi con la Torre in ciotto, io gioco il Re in accauno.”
Il ritorno era in discesa e quindi potevo pensare alla partita. L’invisibile scacchiera stava appoggiata sulla carriola e la vedevo perfettamente, come se fosse vera, e non era difficile valutare la posizione e fare le analisi necessarie. Un giorno stavamo giocando l’attacco Richter-Rauzer della Siciliana e nel corso del mediogioco ero venuto a trovarmi in una posizione molto promettente. A un tratto si udì, nelle nostre vicinanze, un crepitare di spari. Le car-riole, le vanghe, le pale, rimasero paralizzate e un brivido freddo percorse l’intero schieramento. Si trattava di un tentativo di fuga verso l’al di qua o verso l’aldilà? Le probabilità di riuscita erano pochissime perché la zona era quasi piana e solo in lontananza verdeggiava una linea d’alberi. Forse strisciando tra l’erba alta. Ma una volta individuati non c’erano più speranze. Il grande meccanismo si rimise in moto con una certa lentezza mentre il Cavallo nero della morte batteva i suoi zoccoli nella testa di tutti. Tornai con il pensiero alla partita, anche se non era facile trovare la giusta concentrazione. Attesi invano la sua mossa. Forse, dopo quel trambusto, aveva cambiato attrezzo di lavoro. Forse aveva tentato la fuga, verso qualche forma di libertà. Il periodo passato a Gredani durò un mese e mezzo e fu il più terribile. Un detenuto italiano mi disse:
“Qui è peggio che a Dachau.”



L'AUTORE
Emilio Stassi
nato a Fiume nel 1931. A 15 anni entr a lavorare al Silurificio Whitehead, dove intorno al 1870 fu realizzato il primo siluro.
Nel 1949 tent, assieme ad un gruppo di fiumani, di fuggire dapprima in Austria e qualche mese dopo in Italia. Furono tutti ripresi e condannati ai lavori forzati. Inizi cos la loro odissea nei gulag sparsi lungo la strada che da Zagabria porta a Belgrado.
Nel 1950 venne riconosciuta alla sua famiglia la cittadinanza italiana. Poco dopo venne rilasciato e pot finalmente raggiungere i suoi in Italia. Nel 1951 con la famiglia raggiunse Messina.
Ha lavorato per oltre trent'anni presso il Cantiere Navale Rodriquez, costruttore dei famosi aliscafi, dove ha svolto le funzioni di progettista e dirigente.
Grande appassionato di montagna, da sempre assiduo giocatore di scacchi, tanto da ottenere il titolo di Maestro.

Oltre edizioni
Pubblicato il 19/06/2017
formato: eBook
dimensioni file: ePub 2935 Kb -Kindle 4429 Kb
collana: letture del mondo
genere: Narrativa italiana
ISBN: 9788899932084

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11/09/2024

Cronache del Diana, in libreria la storia di un antropologo dilettante in un cinema a luci rosse

Di pornografia talvolta si parla, spesso con malizia o volgarità. Questo libro vuole dare uno spaccato nuovo, non a caso è scritto da “anonimo antropologo dilettante”. Ambientato in un cinema a luci rosse di una città di provincia, la Spezia, ma solo per caso, perché riguarda una realtà italiana viva fino a non molto tempo fa. L’autore narra la sua esperienza di frequentatore di cinema porno, intima e intimistica, cercando soprattutto una chiave di lettura, senza necessariamente cercare risposte a domande, ma sempre con spirito criticamente curioso. Da antropologo, appunto. Un libro che è un po’ un’autobiografia e un po’ un saggio, senza essere autocelebrativo come molte autobiografie e senza essere noioso come quasi tutti i saggi. Vedere un film porno al cinema significava, anche, socializzare perché, che piaccia o meno, il sesso è anche socializzazione. Oggi, che la pornografia è fruibile comodamente a casa propria, si è inevitabilmente persa anche questa dimensione.

Il libro ci riporta anche a quei tempi, che sembrano lontani anni luce da oggi, oggi che un clic ci consente di avvicinarci a qualunque realtà, allontanandoci però sempre di più dalla vita. Quella vera. Questo libro profuma di vita vera. Questo libro, di autore anonimo, è stato curato con grande delicatezza e affetto da Vanessa Isoppo e da Beppe Mecconi. Isoppo è psicologa-psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia dell’approccio centrato sulla persona. Già docente di Psicologia Generale all’Università di Genova, è specializzata inoltre in Problemi e Patologie Alcol-correlate e Scienze Criminologico-Forensi. Nata a Sarzana, vive e lavora a Roma. Mecconi è nato e vive nel Golfo dei Poeti. Pittore, scrittore, illustratore di libri per l’infanzia, sceneggiatore, autore e direttore di film-documentari, regista di teatro e recital musicali. Per 12 anni Presidente e Responsabile culturale del Museo paleontologico nel Castello di Lerici. Ha ricevuto da Unicef il diploma ufficiale del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia. Recentemente è stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica italiana per meriti culturali e artistici.

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Un antropologo dilettante in un cinema a luci rosse

Dal 24 settembre sarà in libreria "CRONACHE DEL DIANA - Un antropologo dilettante in un cinema a luci rosse" a cura di Beppe Mecconi e Vanessa Isoppo (Oltre edizioni). 

Di pornografia talvolta si parla, spesso con malizia o volgarità. Questo libro vuole dare uno spaccato nuovo, non a caso è scritto da "anonimo antropologo dilettante". Ambientato in un cinema a luci rosse di una città di provincia, La Spezia, ma solo per caso, perché riguarda una realtà italiana viva fino a non molto tempo fa. L'autore narra la sua esperienza di frequentatore di cinema porno, intima e intimistica, cercando soprattutto una chiave di lettura, senza necessariamente cercare risposte a domande, ma sempre con spirito criticamente curioso. Da antropologo, appunto. Un libro che è un po' un'autobiografia e un po' un saggio, senza essere autocelebrativo come molte autobiografie e senza essere noioso come quasi tutti i saggi. Vedere un film porno al cinema significava, anche, socializzare perché, che piaccia o meno, il sesso è anche socializzazione. Oggi, che la pornografia è fruibile comodamente a casa propria, si è inevitabilmente persa anche questa dimensione. Il libro ci riporta anche a quei tempi, che sembrano lontani anni luce da oggi, oggi che un clic ci consente di avvicinarci a qualunque realtà, allontanandoci però sempre di più dalla vita. Quella vera. Questo libro profuma di vita vera.

 

I CURATORI

Questo libro, di autore anonimo, è stato curato con grande delicatezza e affetto da Vanessa Isoppo e da Beppe Mecconi.

Vanessa Isoppo è psicologa-psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia dell'approccio centrato sulla persona. Già docente di Psicologia Generale all'Università di Genova, è specializzata inoltre in Problemi e Patologie Alcol-correlate e Scienze Criminologico-Forensi. Nata a Sarzana (SP), vive e lavora a Roma.

Beppe Mecconi è nato e vive nel Golfo dei Poeti. Pittore, scrittore, illustratore di libri per l'infanzia, sceneggiatore, autore e direttore di film-documentari, regista di teatro e recital musicali. Per 12 anni Presidente e Responsabile culturale del Museo paleontologico nel Castello di Lerici. Ha ricevuto dall'UNICEF il diploma ufficiale del Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia. Recentemente è stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica italiana per meriti culturali e artistici.

Giallo come il golfo: la breve di Claudia

Dodici luoghi in cerca d’autore, dodici mesi in cerca di voce.

Ma anche dodici penne che hanno dipinto nelle varie sfumature del giallo, i “nostri posti”, troppo belli per non essere usati anche per ambientarvi racconti di questo colore.

Creati dalla fantasia delle autrici e degli autori, oppure ispirati a fatti di cronaca, ogni mese dell’anno fa da cornice a storie che si muovono nei paesi e nelle vie del Golfo, e che chi ci abita non avrà difficoltà a riconoscere.

Per i “foresti” invece sarà bello decidere di fare una gita fuori porta per vedere se davvero quella strada si trova proprio dove viene collocata, o se quel paesaggio è davvero così suggestivo.

Insomma, ci sono 12 x 12 x 12 motivi per leggere questa raccolta, e nessuno per non farlo.

Editore: Gammarò Edizioni

Salottometro:

Dodici racconti, uno per ogni mese dell’anno, dodici storie dipinte con i colori del giallo e dell’azzurro del mare a fare da sfondo, uno sfondo che in inverno diventa “una lastra argentata sulla quale pattinare”.

Autori accomunati tutti dai natali nella splendida cornice del Golfo della Spezia.

Dodici penne che hanno unito gli sforzi con il preciso intento di colmare una lacuna, come ben ci spiega Marco Buticchi nella sua introduzione al libro, decidendo di ambientare un giallo o un noir nel Golfo della Spezia, e dare così risalto a luoghi magici e fortemente evocativi

tenendo sempre presente che il nocciolo della missione non è quello di attardarsi sui rossi di un tramonto, bensì di dare la caccia, sino all’ultimo respiro, al colpevole di un fatto criminale.

Ogni storia presente in Giallo come il golfo trae la sua linfa vitale dalla splendida cornice in cui è ambientata, con il rumore del mare in sottofondo.

Ogni racconto diventa l’occasione per scoprire luoghi incantevoli della nostra Italia, “fotografati” dalle descrizioni realistiche che ne fanno gli autori:

Paola aveva preferito raggiungere Portovenere via mare per poter godere della bellezza del paesaggio del Golfo, con i paesini arroccati qua e là e l’impressione di navigare tra le sponde di un lago.

E ancora

il borgo di Tellaro, un piccolo presepe incastonato tra rocce verdeggianti.

In Giallo come il golfo però, non è solo la bellezza delle ambientazioni ad attrarre il lettore,ogni racconto infatti soddisfa pienamente le caratteristiche che deve avere un giallo per catturare l’attenzione di chi legge.

Narrazioni diverse ma dallo stile scorrevole, personaggi ben caratterizzati e originali, ritmo sostenuto e pathos che offrono al lettore la giusta dose di adrenalina e lo spingono a leggere con curiosità.

Giallo come il golfo è una raccolta di racconti che si lascia leggere piacevolmente e che regala interessanti spunti a chi ama non soltanto i gialli, ma anche viaggiare e scoprire nuove località.

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