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Massimo Cultraro
Troia
Anatomia di una capitale mancata

Prefazione di Louis Godart  

Troia, fin dalla prima identificazione nel sito di Hissarlik ad opera di Heinrich Schliemann nel 1868, rappresenta uno tra i siti più popolari nella vasta letteratura dedicata al mondo egeo-anatolico dell’età del Bronzo. La fortuna è certamente legata alle vicende, sospese tra indagini pioneristiche e l’incisiva capacità di comunicazione mediatica, del suo scopritore, ma anche alla stretta connessione con l’epica omerica, che finì per condizionare le ricerche sul campo. L’eccezionale composizione di alcuni rinvenimenti, come il c.d. “Tesoro di Priamo” oggi disarticolato in almeno cinque ripostigli riconducibili a varie epoche, insieme al carattere monumentale delle sue strutture difensive, sono solo alcuni degli aspetti di questa straordinario insediamento che ad oggi non trova equali in altre parti dell’Anatolia occidentale.
Sul fronte dell’editoria italiana, la popolarità di Schliemann e delle sue scoperte, ha finito per produrre, fin dagli anni Trenta del secolo scorso, grazie alla traduzione della biografia edita da Mondadori, un’ampia messe di lavori che si dispiegano tra la narrazione romanzata e la ricostruzione dei principali scavi dello studioso tedesco. Per quanto paradossale, manca ancora oggi un lavoro specifico dedicato all’analisi, in una prospettiva archeologica, dei risultati provenienti dalle pluridecennali ricerche ad Hissarlik. Il noto lavoro di Carl Blegen, Troia e i Troiani, edito da Il Saggiatore nel 1964, rimane la sola opera di sintesi sull’argomento, ma presenta il grande limite di raccogliere i risultati delle esplorazioni note attraverso le campagne esplorative dell’Università di Cincinnati negli anni Trenta del secolo scorso. Mancano, infatti, le ricerche più recenti effettuate dall’Università di Tübingen ad opera di Manfred Korfmann, negli anni 1988-2002, note solo in riviste scientifiche, che hanno di fatto cambiato la lettura del paesaggio antropico e del contesto architettonico della città dell’età del Bronzo. Mancano, infine, le straordinarie novità che giungono dal mondo della filologia ittita, dove per la prima volta c’è una precisa corrispondenza in termini linguistici con alcuni nomi personali e di luoghi riportati nell’epica omerica. Le immediate ripercussioni di queste scoperte negli archivi della capitale ittita di Bögazköy (antica Hattusha) hanno contribuito a togliere Hissarlik dal suo tradizionale isolamento rispetto al circostante mondo culturale anatolico e, al tempo stesso, a ridimensionare il carattere mitico che contraddistingueva ogni aspetto della cultura materiale troiana.
Nel contesto editoriale italiano è ancora oggi assente un volume di sintesi che metta insieme le più recenti esplorazioni sulla collina di Troia/Hissarlik con i dati provenienti dagli archivi reali ittiti. Occorre, infatti, togliere Hissarlik dal secolare isolamento che ha trasformato la città in una sorta di città virtuale senza relazioni con il paesaggio culturale circostante, ma al tempo stesso di ridimensionare l’aura mitica che è anche la fonte principale della sua vasta popolarità.
La visione interdisciplinare delle due categorie di dati permette di riproporre in una veste nuova il tema del ruolo svolto da questa città-stato posta sui Dardanelli e la sua proiezione internazionale, non solo verso l’Egeo, ma anche verso l’Anatolia centrale, fino al mondo caucasico. Il tema principale, tuttavia, rimane quello della lettura archeologica delle numerose fasi distruttive nel corso di quattro secoli, tra il 1500 e il 1100 a.C., e delle possibili relazione di almeno uno di questi orizzonti di devastazione con il celebre assedio degli Achei cantato da Omero. Il libro deve racchiudere l’analisi complessiva dei centocinquant’anni di scavi e ricerche a Troia/Hissarlik, offrendo allo studioso italiano, ma soprattutto al grande pubblico, una fresca visione d’insieme delle vicende che portarono alla trasformazione di questo insediamento prossimo alla costa, fondato ex novo agli inizi del IV millennio a.C., in uno dei più vasti e temibili centri di potere, capace di interloquire con il mondo ittita e con i potentati micenei della Grecia continentale.


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Troia, fin dalla prima identificazione nel sito di Hissarlik ad opera di Heinrich Schliemann nel 1868, rappresenta uno tra i siti più popolari nella vasta letteratura dedicata al mondo egeo-anatolico dell’età del Bronzo. La fortuna è certamente legata alle vicende, sospese tra indagini pioneristiche e l’incisiva capacità di comunicazione mediatica, del suo scopritore, ma anche alla stretta connessione con l’epica omerica, che finì per condizionare le ricerche sul campo. L’eccezionale composizione di alcuni rinvenimenti, come il c.d. “Tesoro di Priamo” oggi disarticolato in almeno cinque ripostigli riconducibili a varie epoche, insieme al carattere monumentale delle sue strutture difensive, sono solo alcuni degli aspetti di questa straordinario insediamento che ad oggi non trova equali in altre parti dell’Anatolia occidentale.
Sul fronte dell’editoria italiana, la popolarità di Schliemann e delle sue scoperte, ha finito per produrre, fin dagli anni Trenta del secolo scorso, grazie alla traduzione della biografia edita da Mondadori, un’ampia messe di lavori che si dispiegano tra la narrazione romanzata e la ricostruzione dei principali scavi dello studioso tedesco. Per quanto paradossale, manca ancora oggi un lavoro specifico dedicato all’analisi, in una prospettiva archeologica, dei risultati provenienti dalle pluridecennali ricerche ad Hissarlik. Il noto lavoro di Carl Blegen, Troia e i Troiani, edito da Il Saggiatore nel 1964, rimane la sola opera di sintesi sull’argomento, ma presenta il grande limite di raccogliere i risultati delle esplorazioni note attraverso le campagne esplorative dell’Università di Cincinnati negli anni Trenta del secolo scorso. Mancano, infatti, le ricerche più recenti effettuate dall’Università di Tübingen ad opera di Manfred Korfmann, negli anni 1988-2002, note solo in riviste scientifiche, che hanno di fatto cambiato la lettura del paesaggio antropico e del contesto architettonico della città dell’età del Bronzo. Mancano, infine, le straordinarie novità che giungono dal mondo della filologia ittita, dove per la prima volta c’è una precisa corrispondenza in termini linguistici con alcuni nomi personali e di luoghi riportati nell’epica omerica. Le immediate ripercussioni di queste scoperte negli archivi della capitale ittita di Bögazköy (antica Hattusha) hanno contribuito a togliere Hissarlik dal suo tradizionale isolamento rispetto al circostante mondo culturale anatolico e, al tempo stesso, a ridimensionare il carattere mitico che contraddistingueva ogni aspetto della cultura materiale troiana.
Nel contesto editoriale italiano è ancora oggi assente un volume di sintesi che metta insieme le più recenti esplorazioni sulla collina di Troia/Hissarlik con i dati provenienti dagli archivi reali ittiti. Occorre, infatti, togliere Hissarlik dal secolare isolamento che ha trasformato la città in una sorta di città virtuale senza relazioni con il paesaggio culturale circostante, ma al tempo stesso di ridimensionare l’aura mitica che è anche la fonte principale della sua vasta popolarità.
La visione interdisciplinare delle due categorie di dati permette di riproporre in una veste nuova il tema del ruolo svolto da questa città-stato posta sui Dardanelli e la sua proiezione internazionale, non solo verso l’Egeo, ma anche verso l’Anatolia centrale, fino al mondo caucasico. Il tema principale, tuttavia, rimane quello della lettura archeologica delle numerose fasi distruttive nel corso di quattro secoli, tra il 1500 e il 1100 a.C., e delle possibili relazione di almeno uno di questi orizzonti di devastazione con il celebre assedio degli Achei cantato da Omero. Il libro deve racchiudere l’analisi complessiva dei centocinquant’anni di scavi e ricerche a Troia/Hissarlik, offrendo allo studioso italiano, ma soprattutto al grande pubblico, una fresca visione d’insieme delle vicende che portarono alla trasformazione di questo insediamento prossimo alla costa, fondato ex novo agli inizi del IV millennio a.C., in uno dei più vasti e temibili centri di potere, capace di interloquire con il mondo ittita e con i potentati micenei della Grecia continentale.



Massimo Cultraro archeologo e dirigente di ricerca presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche, Catania (CNR-ISPC). Professore a contratto di Paletnologia e di Archeologia Egea presso lUniversit degli Studi di Palermo, si occupa di preistoria del Mediterraneo e ha diretto progetti di ricerca in Grecia e nel Caucaso. autore di saggi scientifici sulla Grecia in epoca minoica e micenea (2000, 2006), e da ultimo di un libro sula figura di H. Schliemann e lItalia (2018).


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