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VENT’ANNI DI COMMISSARIO MARE’
Fenice Bookstore di venerdģ 4 dicembre 2020
CON “A ROMA, NOVEMBRE” DI MARIO QUATTRUCCI VENT’ANNI FA NASCEVA IL PERSONAGGIO CHE CI AVREBBE ACCOMPAGNATO PER UNA VENTINA DI ROMANZI

di Cinzia Esposito
Un “romanzo giallo”, come rivendica lo scrittore, non un semplice poliziesco, ma “opera degna, artigianato d’autore, narrativa tout court”.
Alla sua riedizione dopo vent’anni, grazie a Oltre Edizioni, l’opera mantiene ancora intatte le promesse, rievocando la prima inchiesta del Commissario Marè, che deve il suo nome al poeta e filosofo romano Mauro Marè, scoperto da Mario Quattrucci grazie al suo maestro e mentore Mario Lunetta (nella foto qui sopra, a sinistra, con Maurizio Barletta al centro e Mario Quattrucci a destra)
In un panorama “di genere” assai affollato in ambito nazionale e internazionale, Quattrucci riesce a delineare una figura originale e inedita, pur senza troppe sfaccettature, di un personaggio apparentemente torpido, rallentato, sornione – è proprio la tecnica di assalto prediletta verso le sue vittime – ma pronto a fare il balzo inaspettato e ferino per metterle stremate al tappeto.
“A Roma, novembre” racconta l’indagine che il commissario Marè deve condurre sulla morte del professor Nicola Cusano, un economista affermato e un tempo ben introdotto nel contesto pubblico, del quale è sodale da molti anni e a cui la sorella è sentimentalmente legata.
Spiacevoli, seppure attenti e scrupolosi, saranno perciò gli interrogatori in una nuova veste istituzionale a tutti i membri di questa famiglia alto-borghese romana. Il caso si presenta quanto mai intricato e indecifrabile: il professor Cusano si è suicidato, ma è stato anche ucciso, le perizie sono indiscutibili. Che cosa mai può essere accaduto?
Fin dall’inizio i sospetti si concentrano sulle due figure maschili del genero Giovanni Arnaudi e del marito dell’adorata nipote Andrea Fano, entrambi coinvolti in ambigui, spregiudicati e torbidi affari, e per questo fortemente osteggiati dall’integro e onesto professore. Siamo nel 1992, nell’Italia delle stragi di Falcone e Borsellino, dei misteri irrisolti, dei “suicidi” di Stato, e in una Roma livida, di un piovosissimo novembre.
Roma è centrale nel romanzo, nelle strade minuziosamente descritte dall’autore nella toponomastica dei luoghi, ma soprattutto nella parlata del commissario Marè e del suo amico scrittore Maurizio Trani, non troppo malcelato alter ego dello stesso Quattrucci. Un lessico concreto, corposo, sarcastico e graffiante, come è nella vera natura capitolina, che si esplica anche nei lunghi soliloqui di Marè, mentre cerca di dipanare con se stesso la complessa e inestricabile vicenda.
Quattrucci utilizza l’uso del vernacolo anche per tratteggiare e meglio rappresentare altri personaggi, come il toscano Pubblico Ministero Amilcare Vinci e il campano ispettore Gennaro Zocchi, con risultati assai gradevoli per il lettore.
E se la soluzione del caso arriva, con l’immancabile colpo di scena finale, purtroppo l’autore non può che denunciare la drammatica assenza risolutiva di quei drammi e tragedie della storia politica nazionale, tuttora sommersi ed occulti, che hanno insanguinato l’Italia.
Un bel romanzo, sempre attualissimo, che appaga i gusti sia degli appassionati giallofili, che degli amanti della bella letteratura.
Cinzia Esposito


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CON “A ROMA, NOVEMBRE” DI MARIO QUATTRUCCI VENT’ANNI FA NASCEVA IL PERSONAGGIO CHE CI AVREBBE ACCOMPAGNATO PER UNA VENTINA DI ROMANZI

di Cinzia Esposito
Un “romanzo giallo”, come rivendica lo scrittore, non un semplice poliziesco, ma “opera degna, artigianato d’autore, narrativa tout court”.
Alla sua riedizione dopo vent’anni, grazie a Oltre Edizioni, l’opera mantiene ancora intatte le promesse, rievocando la prima inchiesta del Commissario Marè, che deve il suo nome al poeta e filosofo romano Mauro Marè, scoperto da Mario Quattrucci grazie al suo maestro e mentore Mario Lunetta (nella foto qui sopra, a sinistra, con Maurizio Barletta al centro e Mario Quattrucci a destra)
In un panorama “di genere” assai affollato in ambito nazionale e internazionale, Quattrucci riesce a delineare una figura originale e inedita, pur senza troppe sfaccettature, di un personaggio apparentemente torpido, rallentato, sornione – è proprio la tecnica di assalto prediletta verso le sue vittime – ma pronto a fare il balzo inaspettato e ferino per metterle stremate al tappeto.
“A Roma, novembre” racconta l’indagine che il commissario Marè deve condurre sulla morte del professor Nicola Cusano, un economista affermato e un tempo ben introdotto nel contesto pubblico, del quale è sodale da molti anni e a cui la sorella è sentimentalmente legata.
Spiacevoli, seppure attenti e scrupolosi, saranno perciò gli interrogatori in una nuova veste istituzionale a tutti i membri di questa famiglia alto-borghese romana. Il caso si presenta quanto mai intricato e indecifrabile: il professor Cusano si è suicidato, ma è stato anche ucciso, le perizie sono indiscutibili. Che cosa mai può essere accaduto?
Fin dall’inizio i sospetti si concentrano sulle due figure maschili del genero Giovanni Arnaudi e del marito dell’adorata nipote Andrea Fano, entrambi coinvolti in ambigui, spregiudicati e torbidi affari, e per questo fortemente osteggiati dall’integro e onesto professore. Siamo nel 1992, nell’Italia delle stragi di Falcone e Borsellino, dei misteri irrisolti, dei “suicidi” di Stato, e in una Roma livida, di un piovosissimo novembre.
Roma è centrale nel romanzo, nelle strade minuziosamente descritte dall’autore nella toponomastica dei luoghi, ma soprattutto nella parlata del commissario Marè e del suo amico scrittore Maurizio Trani, non troppo malcelato alter ego dello stesso Quattrucci. Un lessico concreto, corposo, sarcastico e graffiante, come è nella vera natura capitolina, che si esplica anche nei lunghi soliloqui di Marè, mentre cerca di dipanare con se stesso la complessa e inestricabile vicenda.
Quattrucci utilizza l’uso del vernacolo anche per tratteggiare e meglio rappresentare altri personaggi, come il toscano Pubblico Ministero Amilcare Vinci e il campano ispettore Gennaro Zocchi, con risultati assai gradevoli per il lettore.
E se la soluzione del caso arriva, con l’immancabile colpo di scena finale, purtroppo l’autore non può che denunciare la drammatica assenza risolutiva di quei drammi e tragedie della storia politica nazionale, tuttora sommersi ed occulti, che hanno insanguinato l’Italia.
Un bel romanzo, sempre attualissimo, che appaga i gusti sia degli appassionati giallofili, che degli amanti della bella letteratura.
Cinzia Esposito


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