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giovedì 28 agosto 2025
In “A bordo. Cronache di navigazione a vista” (Gammarò Edizioni, 2025), nuovo libro di Claudio Sottocornola, filosofo dal pensiero ellittico e multidisciplinare, compaiono spunti divergenti ed esperienze eterogenee, intuizioni folgoranti e cronache della quotidianità...

Claudio Sottocornola “A bordo” del contemporaneo con le sueCronache di navigazione a vista”
In “A bordo. Cronache di navigazione a vista” (Gammarò Edizioni, 2025), nuovo libro di Claudio Sottocornola, filosofo dal pensiero ellittico e multidisciplinare, compaiono spunti divergenti ed esperienze eterogenee, intuizioni folgoranti e cronache della quotidianità, entro confini spazio-temporali che segnalano quel “navigare a vista”, evocato dal sottotitolo, nello scenario di una attualità inquietante, che occorre attraversare nel segno di una consapevolezza continuamente alimentata dalla domanda e dal dubbio.  L’autore ha infatti voluto dar corpo a questa raccolta di scritti spaiati e occasionali dettati da urgenze contingenti, a comporre un affresco complessivo del contemporaneo, ostinatamente contrario ai venti prevalenti e, insolitamente, “esposto… anche su questioni che pertengono alle mene dei talk show, cioè al pratico, al quotidiano e al politico”, conscio delle inevitabili conflittualità, ma refrattario ad ascriversi nel consesso “delle coscienze bene ammaestrate”. Caratterizzato da una forte attenzione alla categoria di interpretazione, Sottocornola indaga il mondo contemporaneo anche attraverso musica, poesia e immagini (famose le sue lezioni-concerto, i suoi reading e percorsi visivi) rivolgendosi a un pubblico trasversale, nelle scuole, nei teatri e nei più svariati luoghi del quotidiano, interessato a tre aree tematiche prevalenti: l’autobiografia intellettuale, la popular culture contemporanea, l’attuale crisi del sacro in Occidente e la sua possibile rimodulazione teologico-filosofica, nella ricerca di una possibile sintesi fra pensiero debole e metafisica.
Nel post-Covid la sua ricerca si è ulteriormente focalizzata sui temi della domanda di senso, del declino della civiltà occidentale, delle dinamiche della vita interiore e della critica alla banalità delle antropologie prevalenti nel tardo-capitalismo contemporaneo, nel tentativo di recuperare memoria e appartenenze non effimere. Ed ora, in questa anomala silloge, si spinge nei territori della più stretta attualità, pescando riflessioni inanellate dal 2022 al 2024, pubblicate in contesti diversi ma anche inedite, a dire la sua su politica e burocrazia, religione e mass media, gender e società, musica e bellezza, guerra e pace, consapevole che la biografia intercetta non di rado la Storia, e che questa esige pensiero per evolvere e crescere. Mentre il pensiero impone di sfatare luoghi comuni, cliché prevalenti, sovrastrutture rigide e dogmi intolleranti. E non a caso, annota nella Introduzione al volume: “A chi, come me, vorrebbe suscitare condizioni di armonia, dialogo e incontro riesce difficile ipotizzare, al contrario, che una propria argomentazione, presa di posizione o valutazione possa invece diventare oggetto di contrapposizione, conflitto, scontro, avvertendo in ciò, quasi, una condizione di tradimento della propria vocazione non-violenta, empatica, relazionale. D’altra parte chi scrive, ormai anagraficamente più che ‘maturo’ e istruito da una lunga pratica di vita, nemmeno si ascrive al consesso dei vili o ignavi, quanti cioè dicono semplicemente ciò che si deve dire per non turbare l’ordine delle coscienze bene ammaestrate… E l’esigenza della giustizia, nel senso più profondo… mi spinge da sempre a esplorare anche quei territori di confine ove la dottrina latita, l’ideologia tenta di piantare la sua bandierina e le masse si limitano a tifare calcisticamente la propria squadra ignorando i liberi battitori, e qualche volta fraintendendoli platealmente”.
Così, anche se dietro ci sono Sartre, Marcuse, e post ’68, qui non si teme di empatizzare con le ragioni della Destra, perché “per questo i tempi sono maturi, e cioè un arcobaleno delle posizioni, piuttosto che una patologica e miope monocromia”, come vorrebbe un vetusto approccio ideologico. E nemmeno si occulta – pur nell’appartenenza a un paradigma spirituale di ispirazione cristiana – la propria perplessità per gli approcci massmediatici e pragmatici dell’istituzione ecclesiastica, rispetto alle priorità della ricerca interiore. Non manca poi la denuncia delle scempiaggini di una burocrazia elefantiaca o del declino di periferie male amministrate, mentre centrale è il tentativo di smascherare l’inganno di un antifascismo che teme il ritorno del ’900 e ignora gli immani pericoli tecnocratico-digitali del nuovo millennio. La polemica col tardo capitalismo economico-finanziario attraversa poi tutta la navigazione, e derubricare il materialismo storico-dialettico a mythos fondativo permette di integrarne la pars destruens nel programma di bordo, la cui bussola rimane tuttavia, in aperto contrasto con l’approccio woke dominante, l’attraversamento della propria cultura e tradizione – arte, spiritualità, pensiero –, in un costante dialogo con la contemporaneità, nel tentativo di salvare la residua speranza che è in noi. Dalla puerilizzazione delle masse nel tardo capitalismo ai pericoli della tecnocrazia digitale incombente, dalla epocale crisi della Chiesa cattolica al rinascere di integralismi trasversali alle diverse religioni planetarie, dalla guerra in Ucraina come specchio di nuove e devastanti logiche geopolitiche alle nuove letture della sessualità connesse agli studi di genere, sino alla bellezza della musica e alle ragioni dell’arte e della poesia, Sottocornola ci offre in questa silloge uno spaccato del contemporaneo, analizzato da una posizione eccentrica, non convenzionale, e tuttavia quanto mai in sintonia col sentiment di quanti non si adeguano al mainstream corrente e alle sue derive consumistico-nichilistiche, ma si impegnano, come voleva un grande cantautore, “in direzione ostinata e contraria”.
Le appendici, che raccolgono tre conversazioni relative a presentazioni recenti dell’autore, ribadiscono poi le ragioni di una resilienza che si fondi sulla riscoperta dell’anima e dei suoi linguaggi – arte, religione, filosofia –, perché “quando il pensiero si immerge nell’attualità rischia di perdersi, a meno che non abbia radici nel cielo del mythos, ove si nutre di bellezza e di speranza”. La prospettiva del nostro Occidente a medio termine è tuttavia per Sottocornola quella evocata dal naufragio del Titanic, il grande transatlantico inabissatosi nel lontano 15 aprile 1912 al largo dell’isola di Terranova, anche se l’immagine cinematografica di Jack e Rose (Leonardo di Caprio e Kate Winslet) che si stagliano sulla prua della nave a dominare l’oceano, nel film del 1997 di James Cameron, costituisce per lui “una istantanea di ebbrezza atemporale che, in quanto tale, ben rappresenta il nostro desiderio di durare comunque al di là di questo spazio-tempo, e di questo naufragio, nel meglio di quanto lasceremo all’archeologia del futuro, ma soprattutto alla vita”. Perché, sulla scia di Severino, l’autore è convinto che a prevalere sarà una tecnocrazia digitale che renderà tutti un po’ schiavi, replicanti, robot, risucchiando l’umanità entro una spirale o cloud amministrativa, alla fine implodente per una tristezza congenita che la farà collassare, liberando gli uomini di quel lontano futuro per una nuova epoca storica, in cui si riproporrà la domanda di senso e, con essa, una qualche speranza di salvezza.
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giovedì 28 agosto 2025
In libreria: A bordo. Cronache di navigazione a vista di Claudio Sottocornola
In “A bordo. Cronache di navigazione a vista” (Gammarò Edizioni, 2025), nuovo libro di Claudio Sottocornola, filosofo dal pensiero ellittico e multidisciplinare, compaiono spunti divergenti ed esperienze eterogenee, intuizioni folgoranti e cronache della quotidianità...

Claudio Sottocornola “A bordo” del contemporaneo con le sueCronache di navigazione a vista”
In “A bordo. Cronache di navigazione a vista” (Gammarò Edizioni, 2025), nuovo libro di Claudio Sottocornola, filosofo dal pensiero ellittico e multidisciplinare, compaiono spunti divergenti ed esperienze eterogenee, intuizioni folgoranti e cronache della quotidianità, entro confini spazio-temporali che segnalano quel “navigare a vista”, evocato dal sottotitolo, nello scenario di una attualità inquietante, che occorre attraversare nel segno di una consapevolezza continuamente alimentata dalla domanda e dal dubbio.  L’autore ha infatti voluto dar corpo a questa raccolta di scritti spaiati e occasionali dettati da urgenze contingenti, a comporre un affresco complessivo del contemporaneo, ostinatamente contrario ai venti prevalenti e, insolitamente, “esposto… anche su questioni che pertengono alle mene dei talk show, cioè al pratico, al quotidiano e al politico”, conscio delle inevitabili conflittualità, ma refrattario ad ascriversi nel consesso “delle coscienze bene ammaestrate”. Caratterizzato da una forte attenzione alla categoria di interpretazione, Sottocornola indaga il mondo contemporaneo anche attraverso musica, poesia e immagini (famose le sue lezioni-concerto, i suoi reading e percorsi visivi) rivolgendosi a un pubblico trasversale, nelle scuole, nei teatri e nei più svariati luoghi del quotidiano, interessato a tre aree tematiche prevalenti: l’autobiografia intellettuale, la popular culture contemporanea, l’attuale crisi del sacro in Occidente e la sua possibile rimodulazione teologico-filosofica, nella ricerca di una possibile sintesi fra pensiero debole e metafisica.
Nel post-Covid la sua ricerca si è ulteriormente focalizzata sui temi della domanda di senso, del declino della civiltà occidentale, delle dinamiche della vita interiore e della critica alla banalità delle antropologie prevalenti nel tardo-capitalismo contemporaneo, nel tentativo di recuperare memoria e appartenenze non effimere. Ed ora, in questa anomala silloge, si spinge nei territori della più stretta attualità, pescando riflessioni inanellate dal 2022 al 2024, pubblicate in contesti diversi ma anche inedite, a dire la sua su politica e burocrazia, religione e mass media, gender e società, musica e bellezza, guerra e pace, consapevole che la biografia intercetta non di rado la Storia, e che questa esige pensiero per evolvere e crescere. Mentre il pensiero impone di sfatare luoghi comuni, cliché prevalenti, sovrastrutture rigide e dogmi intolleranti. E non a caso, annota nella Introduzione al volume: “A chi, come me, vorrebbe suscitare condizioni di armonia, dialogo e incontro riesce difficile ipotizzare, al contrario, che una propria argomentazione, presa di posizione o valutazione possa invece diventare oggetto di contrapposizione, conflitto, scontro, avvertendo in ciò, quasi, una condizione di tradimento della propria vocazione non-violenta, empatica, relazionale. D’altra parte chi scrive, ormai anagraficamente più che ‘maturo’ e istruito da una lunga pratica di vita, nemmeno si ascrive al consesso dei vili o ignavi, quanti cioè dicono semplicemente ciò che si deve dire per non turbare l’ordine delle coscienze bene ammaestrate… E l’esigenza della giustizia, nel senso più profondo… mi spinge da sempre a esplorare anche quei territori di confine ove la dottrina latita, l’ideologia tenta di piantare la sua bandierina e le masse si limitano a tifare calcisticamente la propria squadra ignorando i liberi battitori, e qualche volta fraintendendoli platealmente”.
Così, anche se dietro ci sono Sartre, Marcuse, e post ’68, qui non si teme di empatizzare con le ragioni della Destra, perché “per questo i tempi sono maturi, e cioè un arcobaleno delle posizioni, piuttosto che una patologica e miope monocromia”, come vorrebbe un vetusto approccio ideologico. E nemmeno si occulta – pur nell’appartenenza a un paradigma spirituale di ispirazione cristiana – la propria perplessità per gli approcci massmediatici e pragmatici dell’istituzione ecclesiastica, rispetto alle priorità della ricerca interiore. Non manca poi la denuncia delle scempiaggini di una burocrazia elefantiaca o del declino di periferie male amministrate, mentre centrale è il tentativo di smascherare l’inganno di un antifascismo che teme il ritorno del ’900 e ignora gli immani pericoli tecnocratico-digitali del nuovo millennio. La polemica col tardo capitalismo economico-finanziario attraversa poi tutta la navigazione, e derubricare il materialismo storico-dialettico a mythos fondativo permette di integrarne la pars destruens nel programma di bordo, la cui bussola rimane tuttavia, in aperto contrasto con l’approccio woke dominante, l’attraversamento della propria cultura e tradizione – arte, spiritualità, pensiero –, in un costante dialogo con la contemporaneità, nel tentativo di salvare la residua speranza che è in noi. Dalla puerilizzazione delle masse nel tardo capitalismo ai pericoli della tecnocrazia digitale incombente, dalla epocale crisi della Chiesa cattolica al rinascere di integralismi trasversali alle diverse religioni planetarie, dalla guerra in Ucraina come specchio di nuove e devastanti logiche geopolitiche alle nuove letture della sessualità connesse agli studi di genere, sino alla bellezza della musica e alle ragioni dell’arte e della poesia, Sottocornola ci offre in questa silloge uno spaccato del contemporaneo, analizzato da una posizione eccentrica, non convenzionale, e tuttavia quanto mai in sintonia col sentiment di quanti non si adeguano al mainstream corrente e alle sue derive consumistico-nichilistiche, ma si impegnano, come voleva un grande cantautore, “in direzione ostinata e contraria”.
Le appendici, che raccolgono tre conversazioni relative a presentazioni recenti dell’autore, ribadiscono poi le ragioni di una resilienza che si fondi sulla riscoperta dell’anima e dei suoi linguaggi – arte, religione, filosofia –, perché “quando il pensiero si immerge nell’attualità rischia di perdersi, a meno che non abbia radici nel cielo del mythos, ove si nutre di bellezza e di speranza”. La prospettiva del nostro Occidente a medio termine è tuttavia per Sottocornola quella evocata dal naufragio del Titanic, il grande transatlantico inabissatosi nel lontano 15 aprile 1912 al largo dell’isola di Terranova, anche se l’immagine cinematografica di Jack e Rose (Leonardo di Caprio e Kate Winslet) che si stagliano sulla prua della nave a dominare l’oceano, nel film del 1997 di James Cameron, costituisce per lui “una istantanea di ebbrezza atemporale che, in quanto tale, ben rappresenta il nostro desiderio di durare comunque al di là di questo spazio-tempo, e di questo naufragio, nel meglio di quanto lasceremo all’archeologia del futuro, ma soprattutto alla vita”. Perché, sulla scia di Severino, l’autore è convinto che a prevalere sarà una tecnocrazia digitale che renderà tutti un po’ schiavi, replicanti, robot, risucchiando l’umanità entro una spirale o cloud amministrativa, alla fine implodente per una tristezza congenita che la farà collassare, liberando gli uomini di quel lontano futuro per una nuova epoca storica, in cui si riproporrà la domanda di senso e, con essa, una qualche speranza di salvezza.
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